Bello questo articolo che analizza anche l’
escursione tecnologica di Alan Lee.
In effetti assistere allo slide show di un artista noto per le sue matite e acquerelli e vedere come prima immagine una fotografia ritoccata al computer colpisce abbastanza, tanto che verrebbe la voglia di esclamare “voglio i disegni!”, che puntualmente sono poi apparsi sullo schermo.
Tuttavia immagino che quando si collabora con una produzione cinematografica come quella di Jackson, che prevede tempistiche e soprattutto budget da rispettare, anche per un
purista del disegno il fotoritocco diventa un aiuto quasi indispensabile per semplificare il lavoro, altrimenti mastodontico.
Se un tradimento c’è stato, è forse possibile considerarlo una cosa di “una notte e via” (salvo poi essere smentita dallo stesso Lee che magari ci stupirà con una nuova opera tutta in photoshop alla McKean
), basti ricordare i mille e più disegni che Lee ha realizzato appositamente per la trilogia cinematografica, disegni che vanno ad aggiungersi alle illustrazioni create precedentemente per il romanzo (lo sketchbook ne raccoglie una minima parte)
Penso che l’uso del computer per realizzare i set si possa considerare come una specie di passaggio evolutivo dei disegni, come se l’illustrazione si trasformasse in fotografia acquisendo così ulteriore realismo e concretezza. Elementi quasi indispensabili quando bisogna inserire dei personaggi in carne e ossa all’interno di ambientazioni che devono apparire reali a tutti gli effetti. Niente di meglio allora che andare a fotografare quei paesaggi e ritoccarli tanto da farli diventare simili alle proprie illustrazioni e poi inserire città, fortezze o personaggi insospettabili che portano a passeggio il proprio cane
.