niente di che, solo una cronaca di ciò che è successo, secondo me, alla nave diventata maledetta
L’Olandese Volante
- Nonno, raccontami una storia. – ai piedi del camino, il nipote si preparava ad ascoltare il nonno, mentre fuori pioveva fittamente. Non c’era porto o nave su cui non era stato almeno una volta suo nonno, e non c’era posto che non avesse almeno una storia da raccontare. Suo nonno le aveva ascoltate tutte. – Conosci l’Olandese Volante? – gli occhi azzurri del nonno annebbiati dal sottile fumo della pipa si specchiavano placidi in quelli azzurri e attenti del nipote. – No, nonno, racconta! – il nonno iniziò a farsi dondolare dalla sedia, gli ricordava tanto l’ondeggiare delle navi, e iniziò a narrare…
È una nave destinata a navigare per l’eternità , non può mai fermarsi in nessun posto, né ormeggiare nei porti, per lei c’è sempre vento alle vele, per lei l’orizzonte è sempre irraggiungibile. Non ho mai visto una nave più bella dell’Olandese. Sorpreso? Sì, mi ci sono imbarcato, per due mesi. Era una nave commerciale, il fiore all’occhiello della marina olandese. Era piccola e larga, le vele bianche con un giglio giallo dipinto. Come polena aveva un delfino con la coda all’insù, a grandezza naturale. Il capitano, Henrick Van der Decken, era fiero ed orgoglioso, sapeva dirigere la sua nave magistralmente. L’ultimo viaggio dell’Olandese finì nei pressi del Capo di Buona Speranza, dove una violenta tempesta ci spinse lontano dalle coste africane. Van der Decken ritrovò la rotta ma le burrascose acque di quel luogo ci bloccarono per quei dintorni per due giorni, finché la tempesta non peggiorò e tutti capimmo che la fine stava giungendo, fulmine dopo fulmine. Mentre noi marinai eravamo preoccupati e ci affidavamo alla preghiera, Van der Decken era livido di rabbia, con le mani puntate sul timone. – Signore! Dobbiamo tornare indietro! La tempesta è troppo forte! – gridai. – L’Olandese è troppo forte! Ho un porto da raggiungere e la tempesta ride di me! – gridava sfacciato il capitano, fra il rombo delle onde e dei tuoni e lo scroscio simile ad un sussurro della pioggia che turbinava nel vento. Io risposi in modo irrispettoso verso un capitano: - Riderei anch’io, signore, se vedessi un pazzo che tenta di superare una tempesta! – Van der Decken mi lanciò uno sguardo fulminante che non dimenticherò mai: i suoi occhi erano neri e lucidi, il viso gocciolante di pioggia, ma i suoi occhi…così forti e vivi, neri come l’inchiostro, mi sentivo un codardo, con i miei occhi chiari pieni di lacrime per la paura. Salii al timone, accanto a lui, deciso a strapparglielo dalle mani e governare la nave lontano dalla tempeste, con il crocifisso legato ad una mano, e lo feci. – La Natura può ridere di noi, non noi di lei. – dissi, manovrando la nave. Il capitano, dal viso furente, sguainò la sua spada mentre un fulmine seguito da un tuono illuminò il cielo per un istante e me la fece scivolare sulle mani, che iniziarono a sanguinare. Indietreggiai, si rimise al timone e urlando come un invasato al cielo, l’Olandese pronunciò il terribile giuramento e gridò, tra il fragore della tempesta: Sfido la potenza divina ad alterare la mia decisa rotta e risoluta destinazione e il Nemico Infernale non avrà potere d’impaurirmi dovessi anche viaggiare sino al Giorno del Giudizio! – un fulmine, inaspettatamente lo colpì e lui si accasciò sul timone, mentre la tempesta avanzava. Corsi alla scialuppa e mi calai in mare. Pian Piano le onde mi allontanavano dalla nave, sentivo la cantilena di preghiere della ciurma dell’Olandese o i canti di qualche marinaio, del resto, cantando si prega due volte…il capitano sembrava si fosse rialzato, lo vidi, per l’ultima volta, al timone, ritto e impettito, finchè persi i sensi.
- Che fine ha fatto l’Olandese? – chiese il nipote. – Scomparendo nella nebbia e apparendo tra i raggi del sole, naviga per i mari del mondo, non temendo più nessuna tempesta. –