Vincent


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Darklight
Balrog
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MessaggioInviato: Sab 10 Nov 2007 17:24 pm    Oggetto: Vincent   

Nulla di originale forse, ma sentivo il bisogno di un racconto crudele, liberatorio...

Vincent si era coricato da una ventina di minuti, quando fuori iniziò il temporale.
I tuoni rombarono nel cielo notturno come brontolii di qualche immensa bestia adagiata sopra le nuvole; Il vento crebbe di intensità, facendo sbatacchiare le imposte color verde smeraldo della finestra.
Gli occhi di Vincent si aprirono in due sottilissime fessure, rese vitree dal sonno. Si era quasi addormentato, ma il suono cupo e rotolante dei tuoni, unito al sibilo acuto del vento che scuoteva gli alberi, lo aveva strappato alle braccia di Morfeo pochi istanti prima di raggiungere l’obbiettivo.
Agitandosi, Vincent si rigirò sotto la coltre di lenzuola.
Era la fine di maggio, l’estate ancora esitava a sbocciare. Tuttavia i temporali estivi iniziavano a prendere piede nel clima freddo e incostante di Pinewood, piccola cittadina lacustre di montagna.
Vincent aveva imparato, nei mesi successivi al suo trasferimento, che quelle ridenti cittadine arroccate sulle pendici delle montagne rocciose, come Pinweood, apparivano invitanti solo se le si guardavano con l’occhio del turista di città. Dopo quasi cinque mesi vissuti lì, aveva capito a sue spese che abitarci era tutto un altro paio di maniche. Era come essere accettati a malincuore dentro ad un circolo privato ed esclusivo. Si è fisicamente al suo interno, ma tutt’altro che ben accetti.
I primi lampi saettarono in cielo, rincorsi subito dopo da altri tuoni.
Vincent non aveva paura di quei nubifragi, anzi lo affascinavano: piombavano giù dal cielo all’improvviso, con grande violenza. Scrosciavano acqua e schioccavano fulmini per non più di mezz’ora, ma durante quel breve lasso di tempo Vincent avvertiva una forza misteriosa che invadeva l’aria e tutte le cose intorno a lui. L’energia scatenata da quei temporali vibrava e sfrigolava nella sua mente come una voce viva, e Vincent la accoglieva a sé.
Quella sera non fece eccezione.
Il temporale era iniziato da dieci minuti al massimo. La pioggia cadeva con forza, tamburellando sul tetto e sulle finestre. I lampi baluginavano, trasformando la notte in un mondo di vivida luce per brevissimi istanti.
Improvvisamente, Vincent sentì l’aria della stanza farsi densa, come una coltre di vapore umido e minuscole gocce d’acqua nebulizzate. Questa densità d’aria acquisì un suono, che rimbalzò qua e là, quasi fosse stata propagata da ogni singola particella dell’aere circostante.
Il suono, simile ad un sommesso ronzio ovattato, entrò nella testa di Vincent, e il bambino sentì la forza misteriosa che iniziava ad accumularsi dentro di lui, con una pulsazione delle tempie solo lontanamente dolorosa.
Strinse con forza il cuscino nella mano, digrignando i denti, sentendo la vibrazione farsi più sgradevole man mano che si propagava nella testa, nelle ossa, nelle articolazioni del corpo.
Non si era mai abituato davvero a quella sensazione, nonostante gli accadesse ormai da più di tre anni, ogni volta che si manifestava uno di quei forti temporali estivi. Ovviamente aveva imparato ad accettare quel fenomeno come qualcosa di ineluttabile, e le notti insonni dovute alla paura sfrenata per quel fenomeno erano ormai brutti di ricordi di quasi tre anni prima...
Tuttavia, dopo numerose occasioni durante le quali Vincent si era trovato in balia di quella forza, ancora non era riuscito a prevaricare il senso di repulsione che provava nel sentirsi invaso da qualcosa di estraneo, pulsante e... vivo. Si sentiva violato, come se accogliesse dentro di lui un visitatore sgradito a cui era impossibile negare l’ingresso.
Esattamente come le volte precedenti, Vincent lasciò che tutto accadesse, sopportando, sapendo che non sarebbe durato per più di cinque minuti.
Alla fine, quando il temporale stava ormai esaurendosi, gli occhi di Vincent brillarono per alcuni istanti di una strana luce argentea che rilucette nelle iridi castane. Subito dopo una stanchezza infinita prese possesso del suo corpo, facendolo addormentare così all’improvviso da apparire quasi una perdita di sensi, più che un vero e proprio sopraggiungere del sonno.
Gli occhi di Vincent si chiusero lentamente, le palpebre vibrarono per alcuni istanti, mentre gli ultimi bagliori di energia residua vacillarono nelle sue pupille per poi sprofondare nel luccichio degli occhi. Esattamente come le volte precedenti.

Alla mattina, Vincent si sentiva impregnato di energia. Una volta, a scuola, gli era stato spiegato il funzionamento dei condensatori d’elettricità. Non si ricordava la spiegazione nei minimi particolari, (era stato troppo impegnato a disegnare una vignetta nella quale il professor Rice esplodeva a causa di una bomba atomica ficcata tra i denti), tuttavia era riuscito a captarne il funzionamento di base. Ora, mentre percorreva la strada principale del paese, ricoperta di fogliame e rametti spezzati dal temporale notturno, era sempre più convinto che il funzionamento di un condensatore era quello che più si avvicinava a ciò che gli accadeva.
Era un accumulatore vivente di energia... Di potere. Sorrise. Si sentiva bene, euforico. Fin troppo forse, ma andava benissimo così. Solitamente doveva sopportare stati d’animo deprimenti, che lo rendevano introverso e chiuso. Era il ragazzino meno popolare della scuola, non possedeva nessun amico essendosi trasferito lì da soli cinque mesi; potrebbe sembrare un lasso di tempo sufficiente per prendere confidenza con gli abitanti , ma in un paese di provincia come quello, dove ogni abitante è membro di una comunità quasi xenofoba, cinque mesi sono insufficienti a dissipare l’alone di sospetto verso gli “stranieri”.. Lui era nuovo. Non solo, era quello nuovo. L’estraneo, l’estraneo strano, per giunta.
L’estraneo con il passato tormentato, di quelli che fanno discutere tante voci affamate di pettegolezzi.
Era pressoché ignorato dai suoi coetanei, e Vincent sapeva che in qualche modo più o meno diretto erano stati gli adulti di Pinewood ad inculcare questa simpatica linea di pensiero nelle teste dei loro figlioli.
-Ehi, Vinnie! Che fai, bamboccio?-
La voce canzonante giunse dall’altro lato della strada. Vincent sospirò afflitto: sarebbe stato troppo chiedere di arrivare a scuola senza fastidi, felice come era, non è vero...?
Si volse verso l’altro lato della strada. Dough Jonas, un ragazzetto grosso e tarchiato, dalla faccia brufolosa e i capelli incolti, lo osservava con aria sfottente.
Doug aveva lasciato la scuola tre mesi prima, a causa del reddito scolastico praticamente inesistente. Si aggiunga il fatto che Dough era stato il responsabile di quasi tutti gli atti vandalici compiuti ai danni della scuola, dai graffiti sui muri alle porte del bagno brutalmente scardinate, ed ecco che si ottiene il prefetto profilo di bulletto precoce della scuola.
L’altra attività a cui Jonas dedicava anima e corpo era tormentare l’esistenza giovanile altrui. In quegli ultimi tempi si era concentrato unicamente su Vincent, ossia quello nuovo, la materia prima su cui lavorare. Ci aveva messo così tanta dedizione che aveva continuato a spaccargliele anche dopo aver abbandonato gli studi.
Vincent avvertì un moto di rabbia incontrollata salirgli lungo il midollo e scuoterlo come un brivido caldo. Dio, se odiava quel Dough Jonas. Quanto avrebbe voluto restituirgli tutte le ore di supplizio che era stato costretto a subire.
-lasciami in pace, Jonas... Non sono dell’umore per litigare.- Disse Vincent con voce falsamente minacciosa. Non era mai stato un campione mondiale di bluff, e quando era sotto pressione, o nervoso, la cosa poteva solo peggiorare.
-Oooooh! Mi sto cagando nelle braghe, Vin! Perché non attraversi la strada e vieni qui a darmele, se ti senti così eroico, stamattina!-
Vincent era un ragazzino smilzo e leggermente più basso della media. Aveva gambe esili e braccia ancora più esili. Il ciuffo di capelli neri gli ricadeva sulla fronte, ribelle e spettinato. Non era di certo il più truce dei guerrieri a guardarsi. E lui era il primo ad ammetterlo.
Tuttavia, quella mattina sentiva qualcosa in sé. Qualcosa che andava oltre la sensazione di energia residua nel suo corpo, tipica dei giorni successivi ai temporali notturni.
Sentiva rabbia, un mare di rabbia accumulato per ben cinque mesi di vergogne e isolamento. Sentiva il vibrante desiderio di sfogarsi. E soprattutto, sentiva che l’energia latente in sé poteva essere smossa dalla rabbia stessa.
Sì... Sì... Basta fare il bravo bambino, si disse Vincent. Basta sopportare quello stronzetto, così come tutti gli altri abitanti di Pinewood, così attenti ad osservare lui e sua madre con diffidenza e gelido occhio indagatore. Lui, dopo quei temporali, aveva la forza dentro di sé. Aveva il potere...
Non si era mai sentito così in vita sua. Carico di rabbiosa energia che gli scorreva nel sangue come argento vivo. Era una sensazione del tutto nuova. Nuova e oltremodo piacevole.
Chiuse gli occhi per alcuni istanti, rimanendo fermo dov’era.
Il faccione di Dough si contorse in un ghigno di placida soddisfazione.
-Lo sapevo Vincent! Sei un fottuto cacasotto... Non riesci nemmeno ad attraversare la stra...-
Si interruppe.
Vincent aveva riaperto gli occhi. Forse era stata la sua immaginazione, forse era stato un riflesso provocato dal pick up grigio cenere che era appena passato tra loro due, nella strada vuota di prima mattina... Eppure gli parve di vedere una strana luce negli occhi spalancati di Vincent, un bagliore argenteo che brillò al di sotto della ciocca di capelli scuri.
Dough Jonas stava finendo di congetturare tra sé e sé quando all’improvviso venne sbalzato all’indietro.
Sentì un’onda invisibile premergli sul petto e sul viso e colpirlo come una lastra, solida e al tempo stesso impalpabile.
Jonas fu spinto all’indietro per mezzo metro, sfregando le suole delle scarpe sul marciapiede sconnesso. Dietro di lui si ergeva una cassetta postale della Federal Union, di quelle rosse con lo spioncino, molto anni ‘50, come non se ne trovano più ormai in giro.
Jonas sbatté la schiena e la spalla contro la cassetta di metallo, con un tonfo sordo che risuonò nella cassetta postale come fosse stata una grancassa.
Cadde poi a terra, sbattendo il viso. Rimase fermo per alcuni secondi, poi mosse una mano sul freddo asfalto, in un debole tentativo di rialzarsi. Gemeva, e perdeva sangue dal labbro e dal naso. Cadendo a terra si era scheggiato un dente, l’incisivo destro. Jonas osservò sbigottito la minuscola scheggia bianca sul selciato, circondata da chiazze di sangue.
Si voltò lentamente verso l’altro lato della strada, mentre il dolore aumentava d’intensità ora che lo shock iniziale andava scemando. Vincent era sparito.
E anche se fosse stato ancora lì, chi mai avrebbe addossato la colpa di quell’incidente ad un ragazzino basso e magro, fermo come un stoccafisso dall’altra parte della Main Street di Pinewood?


Vincent raggiunse la scuola quasi correndo. Era leggermente in ritardo, ma non così tanto da essere costretto a correre. No, correva perché era terrorizzato da quello che era appena accaduto.
Da quello che aveva fatto accadere.
Sì, era stato lui. Lo sentiva, ne era certo. Lo sapeva perché aveva avvertito ogni fibra del suo essere desiderare che accadesse. E aveva sentito l’energia, il suo potere, scaturirgli da quegli occhi ora così spaesati, attraversare la strada come una marea silenziosa e colpire Dough con forza.
Cacciò un lungo, profondo sospiro, chiudendo gli occhi per cercare di scacciare la paura.
All’improvviso una voce, dentro di lui, dal tono basso e mellifluo, gli disse:
“ Di cosa ti preoccupi, Vincent Price? Eh? Che qualcuno ti scopra? Andiamo... Non hai fatto niente. Eri dall’altra parte di una cacchio di strada! Questo è il tuo potere, Vincent. Puoi fare tutto ora... e tu lo sai.”
Si accorse con orrore che quella voce non era altro che la sua coscienza. Era lui stesso a pensarla così. Per un istante non fu in grado di riconoscersi. Più ci rifletteva però, mentre saliva le scale in direzione della sua aula, più prendeva coscienza del fatto che quella voce aveva ragione. Che LUI possedeva il potere, almeno per quella manciata di giorni a venire, prima che l’energia latente in lui fosse defluita dal suo corpo come l’acqua di un rigagnolo.
All’improvviso, non fu più pervaso dall’orrore nel sentire quelle parole scaturire dalla sua mente. All’improvviso, si rese conto di essere pervaso di gioia. Infinita gioia fusa con altrettanta infinita rabbia che lo rafforzava ancora di più.
D’ora in poi, per quei pochi giorni a venire, guai a chi avesse guastato la festa a Vincent Price, undici anni. L’avrebbe pagata cara. Eccome, sì.


-Price! Che cosa hai fatto, in nome di Dio?-
la voce della professoressa Rooman squittì nell’aria stantia della classe, melodrammatica ed insopportabile. Non a caso la donnina bassa e grassa che si era alzata di scatto dalla sedia della cattedra era “affettuosamente” soprannominata “Lirica-Rooman”.
In quel caso però, la professoressa aveva ben poco di fasullo e operistico nello sguardo e nell’atteggiamento.
Vincent era immobile al suo posto, con le braccia conserte, il viso serio e privo di espressione. Fissava fuori dalla finestra, come se il suo sguardo cercasse senza vero interesse la risposta alla domanda della Rooman.
Di fianco a lui, nel banco di sinistra, un bambino dagli occhiali spessi e il viso butterato si massaggiava il braccio tumefatto e floscio, piagnucolando in preda al dolore. Aveva sollevato il ripiano del banco per prendere l’astuccio. Aveva frugato per alcuni istanti, poi si era voltato verso Vincent Price e aveva confabulato qualcosa, sogghignando. Questo la Rooman l’aveva visto con chiarezza.
Ma dopo... Cos’era successo esattamente, dopo? Aveva visto Price voltare lo sguardo verso la finestra, e fare... fare... qualcosa. Non sapeva esattamente cosa, ma di certo qualcosa si trattava... Quasi nello stesso istante il ripiano del banco si era chiuso come una ghigliottina sul braccio inerme di Paul Barraty, così si chiamava il marmocchio occhialuto.
Il ragazzino aveva urlato come una sirena, mentre lo schianto del ripiano copriva solo in parte un altro schiocco ben più sgradevole, proveniente sicuramente dal suo braccio.
-Paul, vai subito in infermeria! Corri!- Disse la Rooman con voce rotta dall’incertezza. Non si riteneva pagata abbastanza per i casi di emergenza.
Osservò Vincent con uno sguardo di inquietudine mista a costernazione.
-Non so perché lo hai fatto, Vincent... E soprattutto, non so come lo hai fatto. Ma so che sei stato tu! L’ho visto. L’ho letto nei tuoi occhi.-
“I miei occhi...” pensò Vincent tra sé e sé.
Vincent rimase in silenzio, gli occhi fissi sulla professoressa Rooman. Nella sua mente riecheggiavano ancora le parole del ragazzino a cui aveva rotto il braccio con il pensiero...
-Ehi Price... Ho finito le punte del compasso. Forse quella drogata di tua madre può prestarmi uno dei suoi aghi...-
Spesso i bambini non sono altro che l’eco dei propri genitori.
Nessuno si doveva azzardare a parlare così del passato di sua madre. Era storia vecchia, superata...ma la gente ha la squisita abilità di dimenticarsi la differenza tra passato e presente, quando la cosa fornisce ottimi pretesti per sviscerare i segreti delle altre persone.
Oooh, ma lo avrebbero imparato tutti molto presto. Sarebbe stata un impresa ardua impedire che voci di corridoio su di loro circolassero per le bocche degli abitanti di Pinewood, vista anche la natura tutta “casa-chiesa-pettegolezzi e ipocrisia” tipica di quella schifosa comunità. Ma Vincent avrebbe dato loro molte lezioni su come smettere di rivangare gli scheletri nell’armadio dei nuovi abitanti.
-Ti ho chiesto come hai fatto! Come puoi far male ad un tuo compagno di classe? Un tuo amico, per giunta?.
-Quel bastardo non è mio AMICO!- Esplose Vincent, alzandosi in piedi con uno scatto che fece cadere la sedia a terra.
-Come lo hai chiamato, Price? Vuoi che ti sospenda, ragazzino?-
-L’ho chiamato bastardo, signora Rooman. Bas-Tar-Do. Tre sillabe...- Disse Vincent con voce crudelmente soave, in preda all’adrenalina della rabbia. Sentiva l’energia, il suo potere segreto, conferirgli una ferocia che sembrava possederlo come una vera e propria entità ospite. Mai provato niente di più inebriante.
I compagni di classe erano impietriti; osservavano il dibattito tra quello nuovo e la professoressa con sguardi assenti e pregni di inquietudine.
-Piccolo criminale!- Latrò la professoressa. Era costernata. Quel ragazzino, così adorabilmente apatico nelle settimane precedenti, si era improvvisamente trasformato in una iena. Decise di rincarare la dose.
-Tu non hai nessun diritto di comportarti così! Sei un forestiero, qui a Pinewood! Un ospite oserei dire... Abbiamo accettato che tu e tua... tua madre veniste abbracciati dalla nostra comunità. Abbiamo...-
-Avete accettato di emarginarci, di coprire le vostre ipocrisie con sorrisi di circostanza e parole facili... Ci avete accettato per farci diventare l’ultimo pettegolezzo da sfornare nelle riunioni parrocchiali della domenica. Non siete altro che un gruppo di sempliciotti di paese che amano spulciare la vita degli altri come parassiti. Siete solo dei FOTTUTI TARLI!-
Vincent parlava con una voce non sua. Era febbricitante, aveva grosse occhiaie violacee sotto gli occhi vitrei. Il suo corpo esile era scosso dai tremiti, quasi fosse teso come una corda di chitarra pizzicata da una mano invisibile.
-Non accetto questi insulti da uno straniero, che per giunta è figlio di una tossica! Io non...-
Lei non...
Lei non...
Lei non poté finire la frase, naturalmente.
Vincent spalancò gli occhi, che si irradiarono di luce argentata, esplodendo di luce.
Davanti ai suoi piedi l’aria e la polvere del pavimento si smossero, come a causa di un energico spostamento d’aria. I bambini presenti in classe strillarono di paura e si abbassarono, riparandosi dietro a sedie e tavoli. Con uno schiocco e un suono di risucchio d’aria, davanti a Vincent balenò un guizzo di energia pura, indescrivibile e inafferrabile, che scosse tutto e tutti all’interno dell’aula. La sedia e il banco di Vincent vennero sbalzati in aria, come lanciati da una grossa mano mostruosa, e rotearono come trottole impazzite attraverso la classe, sfiorando il soffitto e puntando dritti verso la figura terrorizzata della professoressa Rooman. Quest’ultima si chinò dietro la cattedra all’ultimo istante, giusto in tempo per evitare il banco da quindici chili di legno e metallo che si andò a schiantare sulla superficie del tavolo.
La sedia invece colpì la lavagna come un proiettile, cozzando contro ad essa e creando una lunga crepa che si diramò tra le formule matematiche come una ragnatela istantanea.
Vincent si alzò in piedi, dirigendosi con passo cadenzato verso la porta dell’aula. Voleva uscire di lì. Non che avesse paura o altro. Tutto il contrario. Si sentiva benissimo. Si sentiva Dio. Semplicemente, si era stancato di avere a che fare con quella gentaglia.
La professoressa uscì da sotto la cattedra, come se fosse appena terminata una forte scossa di terremoto. Con aria terrorizzata additò Vincent, e quando parlò, la sua voce non era più la voce della professoressa “Lirica-Rooman”. Era solamente la voce di una donna di mezza età che non aveva mai provato tanta paura in vita sua.
-Sei un mostro! Sei un pazzo, Vincent Price! Ti farò arrestare, sappilo... Sbatterò te e quella cagna drogata di tua madre in un centro per schizzati, così la smetterete una volta per tutte di insudiciare il buon nome di Pinewood... Noi siamo gente per bene, siete voi i criminali!-
Vincent si voltò. Lentamente. Gli occhi splendevano di argento vivo, ora più che mai.
Il ragazzo alzò un braccio e tese il dito indice verso la professoressa.
-Cosa vuoi fare, Vincent? Qualunque cosa sia non ti permetto di...-
Il corpo della donna volò all’indietro, rapidamente, spinto da un’altra folata invisibile che scosse e squarciò l’aria.
Come un pupazzo grottesco lanciato via da un neonato capriccioso, la professoressa Rooman roteò in aria, finendo contro a una delle grandi finestre a scorrimento che si affacciavano sul giardino e sui grandi alberi di larice del cortile scolastico.
La donna sfondò il vetro con un’assordante sinfonia di cocci in frantumi e schegge, precipitando con un tonfo sordo sul suolo sottostante, quattro piani più in basso.
I ragazzini presenti in classe strillarono di nuovo. Alcuni singhiozzavano terrorizzati.
Vincent osservò la cornice frastagliata della vetrata infranta, simile ad una dentatura trasparente ed irregolare. Da alcune schegge rimaste fissate alle imposte gocciolava sangue.
Si voltò di nuovo verso la porta.
-Lasciatemi in pace. Tutti quanti. Soprattutto, lasciate in pace mia madre...- Disse, con voce orribilmente atona.
Uscì dalla classe e si diresse a casa. Si sentiva stanco. Incredibilmente stanco.
"Because he's the hero Gotham deserves, but not the one it needs right now...and so we'll hunt him, because he can take it. Because he's not a hero. He's a silent guardian, a watchful protector...a dark knight. "


Ultima modifica di Darklight il Mer 14 Nov 2007 13:37 pm, modificato 1 volta in totale
uljanka
Sua Luminosa Oscurità
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MessaggioInviato: Lun 12 Nov 2007 11:17 am    Oggetto:   

Recensisco di getto.
Il racconto è scritto molto bene, l'atmosfera è ricreata egregiamente.
Se fossi in te però io avrei postato solo la prima parte, fino alla sconfitta del bullo. La defenestrazione dell'insegnante è piuttosto inverosimile nella sua dinamica. Penso che una beghina di provincia trovandosi di fronte un indemoniato che scaglia banchi in giro per l'aere con la sola forza del pensiero scapperebbe via gridando, senza aggiungere insulti che aggravino la situazione.
Posso ipotizzzare (per scherzo Twisted Evil ) la prossima vittima? La madre, questa sciagurata signora Price ha chiamato Vincent il suo povero pargolo.
E io, che sono Tenebra, altro non posso vedere se non la Luce, e perciò sono la Luce.

Quando qualcuno dice 'io non credo nelle fate' da qualche parte una fata ride e prepara il suo fucile.
Tigana
Incantatrice
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Località: Corte dei Miracoli
MessaggioInviato: Mar 13 Nov 2007 20:04 pm    Oggetto:   

L'inizo mi ha vagamente ricordato qualcosa della Signora delle Tempeste, ma poi si rivela completamente diverso. Wink
Scritto bene, o così mi sembra a una prima lettura...mi riservo un po' di tempo per ulteriori commenti, come al solito hai scritto troppo, e io devo leggere un paio di volte per dire di più!!! Razz
ammicca


Ho capito, con un'illuminazione segreta, di non essere nessuno. Nessuno, assolutamente nessuno.
Darklight
Balrog
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Località: Gotham city
MessaggioInviato: Mar 13 Nov 2007 20:45 pm    Oggetto:   

Grazie per aver commentato. uljanka, probabilmente hai ragione riguardo all'inverosimilità della scen finale... però io non ho resistito, la scena della "defenestrazione" mi ronzava in testa come un trapano... Rolling Eyes Wink
Tigana, chiedo venia come ogni volta per la lunghezza. spero di non essere dannoso!! Razz grazie per i commenti sulla scrittura. Sarei curioso di sapere come sono andato stavolta riguardo al problema "troppi aggettivi-troppe descrizioni"; stavolta ho fatto un lavoro di "potatura" non indifferente, e sarei curioso di sapere se è servito a qualcosa... Wink
"Because he's the hero Gotham deserves, but not the one it needs right now...and so we'll hunt him, because he can take it. Because he's not a hero. He's a silent guardian, a watchful protector...a dark knight. "
Tigana
Incantatrice
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Località: Corte dei Miracoli
MessaggioInviato: Mar 13 Nov 2007 21:31 pm    Oggetto:   

Darklight ha scritto:

Tigana, chiedo venia come ogni volta per la lunghezza. spero di non essere dannoso!! Razz grazie per i commenti sulla scrittura. Sarei curioso di sapere come sono andato stavolta riguardo al problema "troppi aggettivi-troppe descrizioni"; stavolta ho fatto un lavoro di "potatura" non indifferente, e sarei curioso di sapere se è servito a qualcosa... Wink


Come hai potuto vedere questa volta non ho fatto parola degli aggettivi ^^ il perchè è chiaro visto che hai scritto solo il necessario. Hai visto che non era impossibile Razz ? In prima stesura ti puoi sbizzarrire, poi però tagliando qua e là il superfluo... Wink
E comuque ci tenevo a specificare una cosa, se ti "rimprovero" (bonariamente) per la lunghezza dei tuoi racconti, non è perchè sia pigra (cioè lo sono, ma non c'entra). Vuoi per curiosità, vuoi perchè alcuni dei forumisti sono miei amici, io i racconti del forum li leggo sempre tutti, ma molti si scoraggiano a vedere una schermata con un racconto troppo lungo e quindi, da bravo scrittore, dovresti in parte andare incontro alle esigenze dei lettori Wink
Ma tornando al racconto, che ho riletto su tuo cortese invito, intanto ti dirò che secondo me i dialoghi non sono male. E' vero, come dice ujianka che forse le parole non sono quelle che ci si aspetta da una prof di provincia, ma secondo me, visto l'intento comico che c'era nel descriverla (io almeno l'ho vista così) le sue parole e il suo comportamento bisbetico non sono fuori luogo. I dialoghi sono passaggi che giudico molto critici e difficili ma mi sembra invece che inquesto caso te la sia cavata bene Wink
Ah, ottima prova per quanto riguarda descrizioni e aggettivi, ma ti devo bacchettare per le d eufoniche Mr. Green, questa osservazione di solito spetta a Palin, ma stavolta arrivo prima io.
Un'ultima cosa, ma quando la prof dice che lo ha letto nei "Miei occhi"...non ho ben capito...è un errore? Volevi dire in quelli di Vincent?


Ho capito, con un'illuminazione segreta, di non essere nessuno. Nessuno, assolutamente nessuno.
Darklight
Balrog
Messaggi: 2947
Località: Gotham city
MessaggioInviato: Mer 14 Nov 2007 13:36 pm    Oggetto:   

Tigana ha scritto:
Darklight ha scritto:

Tigana, chiedo venia come ogni volta per la lunghezza. spero di non essere dannoso!! Razz grazie per i commenti sulla scrittura. Sarei curioso di sapere come sono andato stavolta riguardo al problema "troppi aggettivi-troppe descrizioni"; stavolta ho fatto un lavoro di "potatura" non indifferente, e sarei curioso di sapere se è servito a qualcosa... Wink


Come hai potuto vedere questa volta non ho fatto parola degli aggettivi ^^ il perchè è chiaro visto che hai scritto solo il necessario. Hai visto che non era impossibile Razz ? In prima stesura ti puoi sbizzarrire, poi però tagliando qua e là il superfluo... Wink
E comuque ci tenevo a specificare una cosa, se ti "rimprovero" (bonariamente) per la lunghezza dei tuoi racconti, non è perchè sia pigra (cioè lo sono, ma non c'entra). Vuoi per curiosità, vuoi perchè alcuni dei forumisti sono miei amici, io i racconti del forum li leggo sempre tutti, ma molti si scoraggiano a vedere una schermata con un racconto troppo lungo e quindi, da bravo scrittore, dovresti in parte andare incontro alle esigenze dei lettori Wink
Ma tornando al racconto, che ho riletto su tuo cortese invito, intanto ti dirò che secondo me i dialoghi non sono male. E' vero, come dice ujianka che forse le parole non sono quelle che ci si aspetta da una prof di provincia, ma secondo me, visto l'intento comico che c'era nel descriverla (io almeno l'ho vista così) le sue parole e il suo comportamento bisbetico non sono fuori luogo. I dialoghi sono passaggi che giudico molto critici e difficili ma mi sembra invece che inquesto caso te la sia cavata bene Wink
Ah, ottima prova per quanto riguarda descrizioni e aggettivi, ma ti devo bacchettare per le d eufoniche Mr. Green, questa osservazione di solito spetta a Palin, ma stavolta arrivo prima io.
Un'ultima cosa, ma quando la prof dice che lo ha letto nei "Miei occhi"...non ho ben capito...è un errore? Volevi dire in quelli di Vincent?


Grazie e grazie! Wink Ah, sì... i miei occhi è un errore... Volevo dire i tuoi occhi. vado a correggere.
"Because he's the hero Gotham deserves, but not the one it needs right now...and so we'll hunt him, because he can take it. Because he's not a hero. He's a silent guardian, a watchful protector...a dark knight. "
Coram85
Capitano di vascello
Messaggi: 13169
MessaggioInviato: Mar 04 Dic 2007 14:52 pm    Oggetto:   

L'ho letto perché mi ha incuriosito il titolo. Vincent ("Frankenweenie" Razz) Price...

E' un bel racconto, e come ha scritto uljanka, hai reso bene l'atmosfera. Davvero bello.

Nient'altro da aggiungere, a parte:
Citazione:
bestia adagiata sopra le nuvole; Il vento crebbe di
I wrote a paranormal story, including babes, alcohol and Battle Rock! Is called Dark Rock Chronicles!

Dark Rock Chronicles fan page
Darklight
Balrog
Messaggi: 2947
Località: Gotham city
MessaggioInviato: Mar 04 Dic 2007 21:00 pm    Oggetto:   

[quote="Coram85"]L'ho letto perché mi ha incuriosito il titolo. Vincent ("Frankenweenie" Razz) Price...

quote]

Sì, ho frullato un pò di citazioni. Rolling Eyes grazie di averlo letto. Wink
"Because he's the hero Gotham deserves, but not the one it needs right now...and so we'll hunt him, because he can take it. Because he's not a hero. He's a silent guardian, a watchful protector...a dark knight. "
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