Ordunque, ci siamo.
E' meglio se non guardo oltre il pargolo o va a finire che non lo posto più per continuare a modificarlo all'infinito. Non è perfetto, ma ho avuto il poco tempo che ho avuto!
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‘Ecco, ci siamo’ annunciò l’ermeta Mauricus fermandosi all’improvviso, le mani sui fianchi.
Klaus lo scansò appena in tempo e si bloccò a sua volta nel fissare la struttura che avevano raggiunto. Un muro curvo, fatto di grandi pietre connesse a secco, s’innalzava fra le mulattiere polverose, in mezzo alle colline desolate. L’aria lì l’avvertivano pregna di antica attesa.
Davanti a una fenditura del muro erano stati posti due lastre di pietra calcarea con su incise le figure del primo cacciatore e del primo ermeta, i volti verso l’ingresso, il corpo pronto a scagliare frecce e arcani contro il pericolo racchiuso nelle profondità.
‘Lo sapevi già?’ chiese, poggiando la mano sull’elsa della spada.
Mauricus, la figura imbiancata dalla tanta polvere della strada, abbozzò un sorriso ‘Diciamo che l’avevo sognato.’
Fattisi vicino alla fenditura d’entrata ne avvertirono il lezzo rancido.
Klaus era perplesso. ‘Non ero a conoscenza dell’esistenza di un simile posto e il borgo che ci ha ingaggiato dista ormai una trentina di leghe. Cosa ti fa credere che troveremo qui la causa di quei sogni?’
L’altro accarezzava con aria assorta la figura su pietra del pater ermetorum.
‘Ho studiato le vecchie mappe della zona al cenobio e avevo letto che qui doveva trovarsi uno dei templi urnen’ rispose poi.
Il cacciatore sputò a terra ‘ma che bella notizia! E ciò che appesta i sogni al villaggio è… consono a questo luogo?’ Nella sua mente ricomparvero le scene viste non più di due giorni prima: le vie del paese svuotate, lezzo di morte e urla assordanti ad accoglierli. Un gruppo di giovani del posto - gli urlatori - incatenati nel centro della piazza principale, sotto la guardia di un paio di vecchi soldati dallo sguardo impaurito che si tenevano ben distanti. Il siniscalco li aveva raggiunti poco dopo, insieme al preposito del santuario locale; due uomini grossi e maturi ma pallidissimi in volto, gli occhi infossati. “Sono stati i sogni” avevano raccontato “sono iniziati un mese fa e, notte dopo notte, hanno fatto impazzire i nostri ragazzi.”
‘Sono morte tre persone, fatte a pezzi da ragazzi resi folli da degli strani incubi’ rispondeva intanto Mauricus ‘Io stesso, quando abbiamo “riposato” là, li ho assaggiati e conosco bene l’oniromanzia. Sono certo che è qua dentro la loro fonte.’
Presero a controllare il loro armamentario, lame, balestra e inneschi da arcani; poi, tirando fuori la lanterna per accenderla, Klaus chiese al compagno: ‘Dobbiamo aspettarci cosa? Vecchi sacerdoti dell’Orkus mai andati via? Qualche pazzo che ne ha voluto prendere il posto? Cosa?’
‘Non lo so per certo. Chiunque sia, però, ha un pessimo senso del ritmo.’
Lo fissò con l’acciarino in mano.
‘Bum bara-Bum‘ fece l’ermeta ‘quei sogni sono un continuo tambureggiare!’
Klaus sbuffò, accese lo stoppino, chiuse la lanterna e si sollevò in piedi.
‘Andiamo’ disse battendo una mano sull’elsa della spada che gli sporgeva dalla spalla sinistra ‘Ingorda ha fame’.
E i due cacciadraghi s’infilarono nella stretta apertura nel muro.
La luce della lanterna faticava a illuminare le pareti, quasi si rifiutasse di rivelare le figure che vi erano state incise con perizia inumana. Via via che il cammino sprofondava nel sottosuolo, il fetore di carne bruciata aumentava.
Avanzarono in silenzio, attenti a dove mettevano i piedi e ai rumori che allignavano nei cunicoli, fino a un secondo livello di passaggi con le pareti e il soffitto - più basso di una spanna nella parte centrale - ricoperti d’infinite altorilievi e tutte quelle gallerie contorte sembravano foggiate per assomigliare a enormi budella. L’aria umida sapeva di putrefazione, tanto che i due furono costretti a coprirsi naso e bocca con fazzoletti inzuppati nell’acqua degli otri.
‘Ho la sensazione di cacciarmi in pancia a un drago!’ si lamentò con sentimento ‘Che avranno avuto mai da raccontare con tutte ‘ste incisioni?’
‘Avvicina la lanterna a una parete e lo vedrai da te.’
Senza pensarci troppo Klaus seguì il suggerimento. Illuminati da vicino, gli altorilievi erano rosso sangue, e ciò che mostravano... Un urnen con strani paramenti teneva un uomo per il collo, sollevandolo a due spanne dal suolo, mentre un secondo gli avvicinava enormi cesoie al ginocchio destro; nella scena successiva toccava al braccio sinistro, oltre, l’uomo appariva privato del tutto degli arti. Nella scena finale un gruppo di sacerdoti, attorno al proprio re monocolo, ammiravano uno stuolo di esseri ibridi con arti abnormi a forma di chele di mantide o zampe di ragno.
Klaus si allontanò dalla parete sibilando l’aria fuori dai denti.
‘Ur-T’Osk, è il pilastro’ recitò con voce stentorea alle sue spalle l’ermeta, facendolo trasalire, ‘Che Nògg regni in eterno su Ustejòk… Uhm, è un’incisione tarda, risale a una dozzina di centene d’anni fa, ritengo.’
‘Che significa?’ quasi urlò ‘Quegli esseri schifosi ci usavano per i loro esperimenti?!’
‘A modo loro, quegli umani venivano trattati da “eletti” ’ Mauricus sospirò ‘li “miglioravano”, capisci? La mutilazione è la legge a Urn. Loro che nascono con troppe braccia, teste, occhi, e quindi la praticano su se stessi.’
‘Kyrash ci salvi!’ borbottò Klaus, la voce ovattata dal fazzoletto premuto su bocca e naso ‘E’ orribile!’
‘Amen’.
Dopo quella che era sembrata un’altra ora di cammino, avevano cominciato a sentire il frastuono di un titanico tambureggiare. Il fragore inquietava, ma Klaus non poteva non apprezzarne il doppio vantaggio: indicava la via e spaventava gli abituali cacciatori delle profondità, creature sempre pericolose.
Sulle pareti di roccia viva dei livelli più profondi cominciarono a spuntare chiazze dei famosi funghi di Loebesh, la cui fluorescenza rischiarava il cammino con spettrali tonalità di verde. La grande camera interna da cui scaturiva più intenso il frastuono, poi, ne era letteralmente illuminata a giorno.
I due cacciadraghi vi entrarono con cautela. Lo spelonca era immensa, tanto che non riuscivano a vederne la volta. Qua e là, enormi placche metalliche chiudevano altre gallerie e un cammino di lastre basaltiche era stato piazzato vicino alla parete opposta, oltre il bordo di un lago nero, e saliva in grandi rampe ricavate dalla roccia grezza sino a un palco di pietra che sporgeva sulle acque nere.
‘Andiamo’ urlò l’ermeta, indicandolo ‘ho idea che da lì potremo individuare il nostro tamburino.’
S’incamminarono al piccolo trotto verso la scalinata. Per ogni evenienza, Mauricus reggeva nella destra uno dei suoi inneschi da arcano più potenti e Klaus aveva snudato Ingorda, il cui filo luccicava maligno presagendo un nuovo pasto. I gradini li costrinsero ad arrampicarsi a quattro zampe, tanto erano ampi e sconnessi. In quel penoso issarsi, la lama da drago stretta fra i denti, Klaus esibì il suo corredo di bestemmie delle grandi occasioni. Superato l’ultimo gradino, avvertirono il movimento prodotto dall’ennesimo colpo. Si appiattirono pancia a terra e arrivarono a forza di gomiti e ginocchia sul bordo esterno della piattaforma.
‘BOOOOOM’
La percussione era stata prodotta da un tentacolo smisurato, tutto carne e metallo, che si era schiantato contro una delle grandi placche che tappezzavano la parete.
E di tentacoli ce n’erano altri tre, sette, dieci!
Appartenevano tutti al corpo del kraken abissale la cui testa piatta sporgeva appena fra i flutti neri come l’inchiostro.
I due Cacciadraghi si guardarono ammutoliti e di silente accordo schizzarono indietro, giù a rotta di collo per la ciclopica scalinata.
‘E ora?’ chiese Klaus diversi gradini più in basso, il cuore in gola.
‘Quel tuo dente lì’ fece Mauricus indicando Ingorda col mento ‘dovrebbe riuscire a morderlo.’
‘Sì, fossimo un centinaio, forse… Tu, invece, una delle tue pietre di Lyssan? Non potrebbero…’
‘La folgore non colpisce sottoterra’ tagliò corto il compagno ‘no, dobbiamo trovare un’altra soluzione.’
‘Ma quello schifo cosa c’entra con i sogni che hanno fatto ammattire i ragazzi al borgo?’
Sollevando un palmo verso la volta, l’ermeta cercò di spiegare: ‘troppo vasto l’impero del Re monocolo, troppo pochi i suoi guerrieri per reggerlo con la mera forza. Doveva essere il terrore a tenere sottomessi gli uomini e questi templi servivano a questo.’
‘Ci credo.’
‘Per massima efficacia, ogni tempio urnen intrappolava varie creature sotterranee “utili” e il kraken abissale è una bestia empatica.’
‘Uhm, e loro di sicuro l’hanno “migliorato”, hai visto quanta ferraglia gli hanno messo in corpo?’
‘Già, però…’
‘Però?!’
Maurikus si era come congelato, lo sguardo fisso nel vuoto.
‘La lastra di metallo contro cui il mostro sta battendo!’ s’illuminò alla fine ‘Lo fa perché vuole fuggire!’
‘Uh?! E’ per questo che ispirava i ragazzi a fracassare uomini e cose a bastonate?’
‘E’ un’ipotesi assai sensata e, se non possiamo sconfiggerlo…’
L’idea, pian piano si fece largo nella sua mente.
‘Ma chi ci dice che, se riusciamo ad aprirgli la strada, il mostro la prenderà?’
Il compagno lo fissò con un sorriso storto e una luce pericolosa negli occhi.
‘Lascia fare a me.’
Era questa la tua grande idea? protestava la sua mente, stordita dall’esplosione (una carica di solgemma e percutuonio combinati insieme sì che fanno un bel botto!)
‘Dove diamine vai?’ aveva urlato, mentre i suoi occhi si bevevano l’orrenda scena: migliaia di tonnellate di muscoli e placche metalliche del kraken inseguivano la minuscola, ridicola, figura di Mauricus, (quel Pazzo!) che faceva da esca agitandosi come un forsennato fra polvere e frammenti di pareti franate, e poi s’infilava nell’enorme varco appena aperto agitando una torcia sulfurea. Il gigantesco corpo del mostro tentacolato lo coprì alla vista in un baleno.
‘Addio Klaus!’ gli era arrivata la risposta e poi, sempre più debole: ‘Riposa anche per me!’
Ecco quanto e buona lettura!