L'amuleto perduto
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La piana di Ceja godeva la carezza del Maggio, dolce di tiglio e di more di gelso. Julo era sotto la quercia di Milovira e guardava il gregge, sbadigliando, sazio di frittata peperoni e salsiccia.
L’ultimo sbadiglio fu così forte da intontirlo, e gli sembrò che tutto oscillasse.
Si riprese e capì che il cielo tremava davvero, e la terra con lui. Le pecore scappavano, fuggiva ogni creatura del campo: topi, serpi e insetti.
Il meriggio d’oro divenne un vortice nero. Una voce tuonava: “Dov’è?“.
Julo tentò la fuga ma era intorpidito e aveva mangiato troppo. Nemmeno la paura riuscì a dargli velocità. Dopo le possenti grida, una sagoma apparve, ancora più terribile di quello che le grida potevano fare sospettare. Si trattava di un individuo alto quasi il doppio del povero pastore, vestito di ferro e pelli, armato di una enorme clava. La folta capigliatura nera si univa alla barba nel creare una selva disordinata, da cui emergevano soltanto la punta del naso e due occhi spiritati.
"Chi sei tu?" domandò Julo terrorizzato.
"Non hai mai visto un gigante, bifolco?" fu la replica. "Non farmi perdere la pazienza. Sto tentando di ritrovare un oggetto importantissimo."
Julo accennò a fare un passo indietro.
"Quando è così, signor Gigante, mi ritiro in buon ordine..."
L'altro grugnì.
"Cos'è, villico, non vuoi aiutarmi a cercare il mio amuleto?".
“No, non ti aiuto,” rispose Julo. “Sorvolo sull’aggettivo villico ma chiamarmi bifolco lo trovo davvero molto offensivo, senza nemmeno conoscermi poi. Sei apparso qui all’improvviso, ti sei messo subito a gridare e hai fatto scappare le mie pecore e ora devo mettermi a radunarle e saranno sotto shock e poi mi faranno il latte acido e perderanno tutto il pelo per lo spavento e…”
SPATACIAK!
“Che tizio petulante,” borbottò il gigante strisciando la suola dello scarpone contro l’erba nel tentativo di ripulire ciò che era rimasto attaccato del povero Julo. “Il problema è che ho davvero bisogno di un piccolo aiutante. Mi serva da lezione, la prossima volta uso l’arma della cortesia come aveva detto la mamma.”
Ma la melma in cui era stato ridotto il povero Julo cominciò a bollire sull'erba brillante, davanti agli occhi del gigante che indietreggiò senza togliere gli occhi di dosso da quella massa informe che aveva iniziato a roteare a mezz'aria, prendendo il colore della lava incandescente.
"Per tutte le meteoriti... vuoi vedere che questo bifolco non è ciò che sem..."
"
T i h o d e t t o d i n o n c h
i a m a r m i B I F O L C O !"... sentì dire da quella melma, con un tono di voce che da stridula andava facendosi sempre più grave.
"Temo che abbiamo cominciato col piede sbagliato" mugghiò il Gigante, aprendò le mani coi palmi rivolti in avanti.
"Tu hai cominciato col TUO piede sbagliato!" sentenziò la voce scaturita dalla massa del pastore, che si concentrò fino a ricreare Julo, nudo e ricoperto da una sottile pellicola luccicante. "Il fatto che sia affezionato alle mie pecore non fa di me qualcosa che puoi schiacciare a tuo piacim..."
SPATACIAK! CIAK! CIAK! CIAAAAAK!
"Ecco" sbuffò Piede Pesante, detto Piede, agitando ancora la gamba "Questo doveva essere quello giusto".
Il Gigante, soddisfatto, cercò di pulirsi lo stivale sul tronco di un albero vicino.
Un fastidioso formicolio, dalle parti della pianta del piede, lo indusse a un attimo di quiete e a interrompere la sua Ricerca. Tolse, con una certa soddisfazione, lo stivale, da cui osservò uscire un ragnetto. Infastidito, lo scosse via. Nulla che fosse grande come una scarpa umana avrebbe mai potuto infastidirlo.
L'animale, dopo un solo attimo di evidente disorientamento, risalì il tronco. Un curioso neo bianco, all'attaccatura di ogni zampa, attrasse l'attenzione del gigante.
- Ragnaccio brutto!- ghignò il gigante.
- Vellutoragno frusta di seta, per la precisione.- biascicò, con qualche difficoltà, una voce pastosa proveniente dal terreno.
Il gigante si grattò il capo con evidente perplessità.
- Velluche?
- Si vede che non leggi i bestiari – continuò la voce impastata.
- Embè? Ho capito qual era il piede giusto e ora menerò le mani, anzi, le dita! Piede cercò di schiacciare il ragno con il pollice ma appena lo sfiorò rimase paralizzato.
-Mi ha punto!
-Ovvio! - dalla melma cruenta salì una colonna di fumo, alta come la quercia, alta come il gigante stesso. Julo riapparve: superava Piede di mezzo palmo.
- Ora che sei alla mia altezza ragioniamo. Dimmi com’ è fatto questo amuleto.