Antonia Romagnoli


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MessaggioInviato: Mar 22 Apr 2008 21:15 pm    Oggetto:   

@magicamenteMe: spero che avremo altre occasioni di vederci!
Ho dimenticato pure di firmare quella di Luca, e dire che ho in mente da tempo la dedica... hahaha (risata stile "il cattivo dei cartoni").

@ Pawin: il nome non era poi così strano. Era una signora di nome Karula che viveva a Terreverdi.
Ma mio papà l'ha ribattezzata Kakula, infrangendo il mio piccolo e adolescenziale cuore. Crying or Very sad
anto73
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MessaggioInviato: Mar 22 Apr 2008 21:18 pm    Oggetto:   

Scusate, ero io... ho dimenticato di loggarmi.
MagicamenteMe
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MessaggioInviato: Mar 29 Apr 2008 19:09 pm    Oggetto:   

Sono a pagina 400 e rotte del libro di Antonia e devo dire che non riesco a staccare gli occhi dalle pagine.
Citazione:
Ho visto cose che voi umani non potete nemmeno immaginare: Navi da combattimento in fiamme al largo dei bastioni di Orione, Palin che ha usato Vista
anto73
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MessaggioInviato: Gio 01 Mag 2008 6:14 am    Oggetto:   

Queste parole sono un balsamo, grazie!!!
Spero che le ultime 200 pagine non ti facciano cambiare idea Razz

Ho appena finito di rispondere a Marco Davide sull'emozione che trasmettono i libri, citando un... libro di cucina!!!
Dopo quella riflessione mi sono resa conto che la cosa che mi preme di più, per il mio romanzo, è parlare al cuore di chi legge.
Forse è una fase normale, ma dopo aver scritto per tanti anni solo per me stessa, l'idea di "aver qualcosa da condividere" mi stupisce.

Lo so come la pensi sui booktrailer, ma nel primo che ho fatto per questo libro (sono recidiva, ne ho uno nuovo, scodellato da poco con moviemaker!!!) cominciavo la sequenza con la frase "seguimi, ho qualcosa da raccontarti". Ogni giorno che passa in questo invito mi riconosco sempre di più, mentre scrivo, mentre faccio le pulizie. Sempre.
In qualche 3D leggevo che il fallimento dello scrittore non è il non pubblicare, ma lo smettere di scrivere.
Credo che per me il fallimento, per come sto ora, sia il non trovare una storia da raccontare. Perchè nelle mie storie sono viva anch'io.
Negróre
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MessaggioInviato: Ven 02 Mag 2008 10:30 am    Oggetto:   

Antonia, è normale. Credo tu stia scoprendo il vero valore del rapporto scrittore-lettore, che è molto più sottile e delicato di quanto non si pensi. Un milione di lettori non sono niente, se tutti ti apprezzano perché li intrattieni e basta.
Ciò che ti daranno alcuni lettori (pochi o, comunque, una percentuale molto bassa di quelli che hanno apprezzato il tuo romanzo) sarà la consapevolezza d'aver incrociato il tuo cammino con spiriti affini. È una sensazione bellissima, perché non ti senti più solo nella tua visione del mondo. È un dono che puoi ricevere anche da inedito, se ti apri a internet... ma la condizione di inedito rende sempre tutto un po' più amaro (almeno, a me faceva questo effetto, nonostante i complimenti).

Goditela!
E, soprattutto e di conseguenza, tenta di non dare importanza a chi invece ti attaccherà gratuitamente (cosa diversa da una critica negativa che tenti di essere costruttiva - col tempo imparerai a capire subito chi è astioso e chi, invece, semplicemente non ha apprezzato il tuo lavoro e usa parte del suo tempo libero per aiutarti a vederne i lati negativi).
È un consiglio spassionato, perché ci sono passato. (E Leo Longanesi tuona nella mia testa, come sempre: "Non datemi consigli, so sbagliare da solo".) Quindi perdona la supponenza, se la riscontri.

Tra le cose più importanti che ho imparato è che la comunicazione è una questione di sensibilità. C'è chi è affine e c'è chi no (questo, preciso, non significa accantonare le critiche negative come "sensibilità diverse"; a volte è così, a volte no).
Le stroncature, quando raccogli pareri profondi e analitici che esaltano le qualità del tuo romanzo e sottolineano il "tra le righe", il senso di quanto hai narrato come tu stessa lo sentivi... ecco, le stroncature perdono valore, vengono ridimensionate e tornano alla loro grandezza normale (mentre, di solito, un autore tende a ingigantirle, a non assorbirle in modo equilibrato, sia se troppo autocritico, sia se saccente).

La scrittura è una prova di vita: spinge, per sopravvivere, a raggiungere un equilibrio interiore. Più ti avvicini a tale equilibrio, meglio la vivi. Ma passi notti insonni e giorni ad arrovellarti, prima di arrivare a uno sputo d'equilibrio che ti lasci perlomeno dormire in pace! (Detto questo, invidio bonariamente - ma molto - chiunque sia già così equilibrato da non soffrire o gioire di stroncature e complimenti.)
Un sorriso, Andrea
anto73
«Elfo»
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MessaggioInviato: Dom 04 Mag 2008 6:32 am    Oggetto:   

I primi confronti col pubblico stanno arrivando, molti dei commenti che ricevo sono un tesoro che sto mettendo da parte per il lavoro in corso e per quello futuro.
Per ora si tratta di critiche utilissime, motivate, ben strutturate, che posso solo apprezzare e tenere presenti mentre scrivo.
Con Slupp, invece, qualche stilettata l'ho presa. Cool
Adesso ci rido su (il motto è sempre quello che usavo al liceo: se di una cosa potrò ridere tra dieci anni, tanto vale cominciare anche subito), però sul momento è stata dura.
Non mi aspetto che alchi possa piacere a tutti, ma da qui a vivere bene certi attacchi diretti ci passa una bella differenza.
I miei primi passi da "edita" sono molto incerti, ho un pacco di seicento pagine, non sono nessuno, ho una storia che saltella tra vari generi... una stroncatura senza appello, credo sia normale, mi annienterebbe. E prima o poi arriverà, se il libro non resta negli scaffali.
Tengo pronti i fazzolettini!!!
MagicamenteMe
«PrimaNonna» PrimaNonna
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MessaggioInviato: Lun 05 Mag 2008 11:42 am    Oggetto:   

anto73 ha scritto:
Queste parole sono un balsamo, grazie!!!
Spero che le ultime 200 pagine non ti facciano cambiare idea Razz



Premesso che il libro mi è piaciuto molto e che l'ho letto quasi a tempo di record.
Ti dico solo che le ultime 80 pagine le ho lette alle 6 di mattina Wink
Il libro mi è piaciuto e la storia mi ha coinvolta e appassionata.
Un solo appunto (ma è una cosa soggettiva): sebbene tu scriva molto bene, il tuo stile mi è rimasto un po' ostico. Sad
Citazione:
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Ipanema
«Nazgul»
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MessaggioInviato: Mar 06 Mag 2008 14:51 pm    Oggetto:   

Accenni a "stroncature" riguardo a Slupp...
io ho appena scaricato i primi cinque capitoli dal tuo blog, mi appresterò a leggerli quanto prima.

Mi incuriosiscono le stroncature. Ne ho lette alcune (di autori non fantasy) ultimamente che sono una vera e propria "pesciata in faccia" ...
hai voglia di dirmi quali sono le principali "rimostranze" che rivolgono ai tuoi scritti (non li ho letti... non ho modo di confutarle, ma sto cercando di capire cosa NON gradiscono i lettori, o NON AMMETTONO, in un romanzo fantasy... tanto per regolarsi e verificare se si "è fatto bene i compiti a casa" :-D)?
il mondo ha bisogno di fantasia

F.I.A.E. forum
anto73
«Elfo»
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MessaggioInviato: Mer 07 Mag 2008 5:52 am    Oggetto:   

Slupp e Alchi sono scritti molto diversi, sotto ogni punto di vista.
Slupp è un fantasy umoristico con protagonisti presi dalla realtà, nato un po' per caso con l'intento di staccare la testa dalle Terre. Alchi è un romanzo di 600 pagine con un intreccio fantasy - giallo, con riferimenti storici.
Per Slupp, alla fine, il commento a cui mi riferisco si potrebbe riassumere in "non fa ridere, potevi distribuirlo ai tuoi amici e stop". Ne ho tenuto relativamente conto, perchè altri lettori, pur non conoscendo le persone a cui mi riferivo, hanno apprezzato il testo e si sono divertiti. Non è nato per cambiare il mondo, ma solo come divertimento, e se riesce a far sorridere anche solo una volta, ha raggiunto l'obiettivo.

I commenti che sto ricevendo per Alchi sono un po' diversi, perchè il romanzo ha una complessità diversa.
La prima parte del libro risente dell'incertezza di un'esordiente, alcuni avvertono la fatica nell'entrare nella storia.
Altri commenti, come quello accennato da Magicamente Me, concordano che "faccio troppo la punta alla matita", non mi lascio andare nella narrazione puntando più sulla correttezza formale a discapito del coinvolgimento. Insomma, devo "mollare" un po'.
Altro nodo: rivedere i punti di vista della narrazione, che a me piace cambiare spesso ma che a volte risultano confondenti.

(Ué, qui sto facendo outing!!!!) Twisted Evil

Per ora il lato positivo è che questi difetti non hanno influito più di tanto sulla godibilità del testo, e nel complesso la storia sembra reggere bene.
Questo per me era un grosso cruccio, una trama così corposa non era facile da gestire, soprattutto perchè sono alle prime armi.
Ecco, in sintesi, le critiche principali.

In effetti, i lettori di fantasy e di romanzi in generale, chiedono all'autore una cosa sola, di dare un motivo per voltare pagina e proseguire la lettura. E' quello che chiedo anch'io, quando leggo.
Non ci si può permettere di annoiare.
Nel fantasy, soprattutto quando le pagine sono tante, arrivare a coinvolgere chi legge fino alla fine è il risultato di una vera alchimia.
Nel caso di Alchi, mi è riuscito più nella seconda parte del romanzo, dove in effetti il ritmo si fa incalzante e raccolgo tutti gli indizi sparsi nella prima metà.

... E adesso che mi sono massacrata da sola???? Sad
LotharB
«Nano»
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MessaggioInviato: Mer 07 Mag 2008 9:43 am    Oggetto:   

anto73 ha scritto:

... E adesso che mi sono massacrata da sola???? Sad


Non ti senti più leggera? Razz Razz

Battute a parte, io da autore trovo sia una fortuna (pur dolorosa) riconoscere la veridicità di un appunto mossomi da un lettore.

Così infatti, posso guardarmi allo specchio e fare autocritica, nella speranza di migliorarmi.

E' più difficile avere a che fare con una critica in cui non ti ritrovi, perché (soprattutto quando l'appunto è reiterato) se tu in primis non riesci in buona fede a riconoscerlo, difficilmente potrai farci qualcosa. A meno di non snaturarti, tradendo lo spirito con cui scrivi.

Inoltre fintantoché, come dici tu, il neo non inficia la piacevolezza della lettura, il danno non è così grave.
Negróre
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MessaggioInviato: Mer 07 Mag 2008 10:23 am    Oggetto:   

Credo sia soltanto normale, Antonia. E, in ogni caso, esistono romanzi di autori molto conosciuti che, pur se tecnicamente all'altezza, sono di una noia mortale.
Se il tuo romanzo piace a qualcuno, riesci a trasmettergli qualcosa, hai raggiunto l'obiettivo di un esordiente (che non è quello di "fare il botto" e vendere 100mila copie al primo tentativo).

Riscontro in te una sorta di autocritica che potrebbe sfociare nell'ipercriticità. Ora ti scrivo ciò che penso, senza pretesa di credere i miei consigli "definitivi" e "saggi". È soltanto il mio pensiero, la mia esperienza che parla. Niente di più. (A scanso di equivoci, perché così scrivendo passo spesso per saccente, immagino.)
Guarda a ciò che potevi fare meglio, fallo adesso mentre scrivi cose nuove e basta. Niente pianti sul latte versato e, soprattutto, niente ipercriticità.
La maturazione è un processo che avviene in due modi. O esordendo, sbagliando, pagando amaramente il prezzo dei propri errori, e migliorando e scrivendo romanzi sempre migliori. O iniziando col botto, raggiungendo il proprio massimo nei primi tre romanzi e poi calando inesorabilmente, verso qualità inferiori. Entrambe le cose sono diffusissime.
Oltre manica e oltre oceano, dove vengono pubblicati molti più autori, è più facile succeda la seconda cosa. Qui da noi, logicamente, il contrario. Ma il risultato è lo stesso.
Quello che è raro è iniziare col botto e continuare a botti... ma nessuno di noi autori italiani - e penso la maggior parte di quelli stranieri - pretende di diventare "maestro del genere". (Cosa che, in ogni caso, può decretare soltanto il tempo, molto tempo, e per mezzo dei lettori e della critica.)

Questione tecnica.
Il cambiamento di punti di vista continuo piace anche a me (l'ho usato nella mia trilogia e lo sto usando ora, di nuovo, anche se non esclusivamente, perché mi piace variare). Il problema è controllarlo. Di solito il controllo si raggiunge (perlomeno, io l'ho raggiunto così...) diminuendo i "salti" di punto di vista, più che cambiare tecnica in toto (ad esempio usare una tecnica in terza persona dove il punto di vista è uno e un solo personaggio a capitolo, come in Martin - cosa che ora va per la maggiore e che proprio per questo a me piace e non piace: preferisco sfidarmi a cambi continui, a scegliere un punto di vista efficace a seconda della scena, non disdegnando alcuna soluzione).
Bisogna soltanto fare un po' di attenzione durante la revisione. Così facendo, ritengo, l'autore si accorge di quando qualcosa non va. I brani che confondono sono di rado frutto consapevole dell'autore (a me è capitato, nella Rocca, di descrivere scene d'azione caotiche e lì ho limato e limato ancora il testo, pensando al punto di vista. Il fatto è che questo non esclude l'errore, perché il lettore legge una e una sola volta e per la prima volta quella scena e tu, autore, ce l'hai invece nel sangue... e puoi sbagliare valutazione. Basta una parola, una sfumatura a rendere confusa o, viceversa, a chiarire un'intera descrizione. Tutto sta nell'esperienza... e, più passa il tempo, più a me sembra che l'esperienza sia la capacità di prevedere i guai e di non ficcarcisi, più che la capacità di sbrogliare le situazioni complicate! Wink ).
Un sorriso, Andrea
Negróre
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MessaggioInviato: Mer 07 Mag 2008 10:34 am    Oggetto:   

LotharB ha scritto:
E' più difficile avere a che fare con una critica in cui non ti ritrovi, perché (soprattutto quando l'appunto è reiterato) se tu in primis non riesci in buona fede a riconoscerlo, difficilmente potrai farci qualcosa. A meno di non snaturarti, tradendo lo spirito con cui scrivi.

Il fatto è, Marco, che alcune critiche sono decisamente soggettive, anche se reiterate. Col tempo e l'esperienza s'impara ad ascoltarsi, a capire quando qualcosa coglie nel segno e quando, invece, tu sai d'avere ragionato e sei sicuro della tua scelta. Le scelte, per quanto criticate, se consapevoli - e sensate (partiamo dal presupposto che siamo tutti autori sensati, ovviamente!) - vanno difese.

Quando invece ti viene mossa una critica e tu ti senti messo a nudo, non preparato a rispondere o ti scopri stizzito, o semplicemente ti rendi conto di non aver valutato l'aspetto della tua opera che viene criticato, be'... quelle vanno tenute in debita considerazione.
E onestà intellettuale vuole che si ammetta subito che c'è "qualcosa che non va", se possibile anche pubblicamente. Almeno, questo è ciò che io faccio istintivamente. Se difendo una mia scelta da una critica, significa che credo nella mia scelta. Anche se m'è capitato di ricordare ad anni di distanza un paio di discussioni con una lettrice, agli esordi, che col tempo ho capito essere giuste (voglio dire, m'è successo obiettivamente di essere affatto presuntuoso, di non ascoltare abbastanza, anche se per fortuna in rari casi - che intendo mettere a nudo, quando scriverò la terza parte de "Un nuovo mondo").
Un sorriso, Andrea
LotharB
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MessaggioInviato: Gio 08 Mag 2008 14:02 pm    Oggetto:   

Sui cambi di punti di vista nella narrazione...

Premessa imporante: io divido i capitoli dei miei romanzi in paragrafi di lunghezza assolutamente variabile, per diverse ragioni.
Tendo (con poche eccezioni, comunque presenti) a dedicare il singolo paragrafo a un punto di vista unico: di un personaggio, quasi sempre, del narratore, ogni tanto, quando la narrazione necessita di più ampio respiro.
E' una questione di gusti, certo.
E' un fatto però che, cominciando ad adottare una tecnica simile per semplice inclinazione 'naturale', l'abbia via via sentita consona alle mie corde e abbia continuato a farne uso in maniera sempre più deliberata (affinandone la padronanza).
Mi piace vedere le cose dal punto di vista del singolo personaggio, m'aiuta a calarmi in lui. Questo non esclude di certo il fatto che la stessa scena possa essere raccontata da punti di vista differenti: non è raro che diversi paragrafi dello stesso capitolo raccontino il medesimo episodio attraverso occhi ed emozioni differenti.
Non so se questo può, in ultima analisi, accomunarmi a quel che fai tu, Andrea (non ancora...). Ho letto invece 'Il Segreto dell'Alchimista' e posso affermare di ricorrere a un approccio differente da Antonia, che invece tende a cambiare il suddetto punto di riga in riga, di capoverso in capoverso. Lo fa con criterio, badate bene, non certo a caso! A mio avviso però (come le ho detto durante uno scampio d'opinioni sul suo romanzo) in certi passaggi una scelta 'dedicata' sarebbe stata più funzionale a permetterle di rendere le descrizioni.
Sono gusti e sono pareri. Scelta la tecnica, è importante che si riesca a imporle la propria mano e non viceversa. Wink
Negróre
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MessaggioInviato: Gio 08 Mag 2008 17:50 pm    Oggetto:   

Non credo d'aver capito cosa intendi per "paragrafo": quello come da definizione grammaticale? O tu usi la parola "paragrafo" per indicare "scena"?
Ritengo di adottare una tecnica circa i "punti di vista" molto simile alla tua.

I miei capitoli sono divisi in scene. Ogni scena è formata da più paragrafi (nel senso grammaticale del termine, quelli che terminano con il "punto e a capo", per intendersi), senza stacco.
In senso logico, ma se ho ben inteso tecnicamente facciamo la stessa cosa, io penso alle "scene". O sono scritte dal punto di vista di uno e un solo personaggio (in prima o in terza persona - in prima di rado, ma m'è capitato con l'ultimo romanzo di scrivere dei brani di un diario, ovviamente in prima persona) o sono scritte dal punto di vista di un narratore onniscente.
A tratti, il narratore onniscente sembra un punto di vista da personaggio in terza persona. Ma questo soltanto perché è ingannevole, se mancano alcune frasi che davvero chiariscono cose che il personaggio seguito dalla narrazione non può sapere.

In alcuni casi, rari e per scelta, cambio il punto di vista tra i personaggi all'interno della stessa scena (terza persona mobile?). M'è capitato ne "La Rocca dei Silenzi", decidendolo per una delle battaglie che vi sono descritte. Per variare la monotonia dell'azione all'arma bianca (a me gli scontri armati piacciono e non piacciono, sarò franco), ho deciso di narrarne un'altra esclusivamente dal punto di vista di un personaggio (cosa davvero efficace, anche perché alla fine sviene, e prima di svenire è sempre più debole e confuso...) e una terza dal punto di vista del narratore onniscente. Gioco un po'.
Alla fin fine mi sono dovuto scontrare con la cosa che Marco ha evidenziato: il cambio di punto di vista tra personaggi e all'interno della stessa scena è fuorviante (e, guarda caso, alcune perplessità sono sorte nei lettori, nonostante l'attenta revisione mia e della mia editor - persona davvero preparata - e il successivo passaggio dei correttori di bozze - che volentieri evidenziano anche errori di questo tipo, quando si perdono nella lettura. Morale? Non c'è professionalità che tenga, è una strada pericolosa, se si cambia troppo - come ho fatto io, perché era una battaglia e quindi convulsa, per forza di cose).

Marco, ho cercato il tuo romanzo, qui a Trieste, ma non l'ho trovato.
Lo ordinerò on-line: faccio prima! Smile
Un sorriso, Andrea
LotharB
«Nano»
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MessaggioInviato: Ven 09 Mag 2008 11:36 am    Oggetto:   

Citazione:
I miei capitoli sono divisi in scene. Ogni scena è formata da più paragrafi (nel senso grammaticale del termine, quelli che terminano con il "punto e a capo", per intendersi), senza stacco.


Quelli io li definisco capoversi. I miei capitoli sono proprio divisi in sottocapitoli con numerazione progressiva (il CAPITOLO IX è magari diviso nei paragrafi 1, 2, 3, 4 e 5), con uno schema funzionale a quel che vado a scrivere. Secondo me corrispondono alle tue 'scene'. Esistono (pochi) casi in cui ho scelto di avere un capitolo monolitico, privo di suddivisioni, e solitamente di lunghezza breve.

Citazione:
In senso logico, ma se ho ben inteso tecnicamente facciamo la stessa cosa, io penso alle "scene". O sono scritte dal punto di vista di uno e un solo personaggio (in prima o in terza persona - in prima di rado, ma m'è capitato con l'ultimo romanzo di scrivere dei brani di un diario, ovviamente in prima persona) o sono scritte dal punto di vista di un narratore onniscente.
A tratti, il narratore onniscente sembra un punto di vista da personaggio in terza persona. Ma questo soltanto perché è ingannevole, se mancano alcune frasi che davvero chiariscono cose che il personaggio seguito dalla narrazione non può sapere.


E' quel che faccio anche io. Nel primo libro, credo, ho talvolta disatteso questo modello, per il semplice fatto che attraverso 'La Lama del Dolore' ho trovato pian piano la strada per il mio stile più maturo. Ad oggi, lo utilizzo in maniera pienamente consapevole. M'è capitata la prima persona e m'è capitato di usare il presente, magari per rendere i sogni, le riflessioni o l'interiorità di un personaggio. Casi eccezionali, ovviamente, non la regola.

Citazione:
In alcuni casi, rari e per scelta, cambio il punto di vista tra i personaggi all'interno della stessa scena (terza persona mobile?). M'è capitato ne "La Rocca dei Silenzi", decidendolo per una delle battaglie che vi sono descritte. Per variare la monotonia dell'azione all'arma bianca (a me gli scontri armati piacciono e non piacciono, sarò franco), ho deciso di narrarne un'altra esclusivamente dal punto di vista di un personaggio (cosa davvero efficace, anche perché alla fine sviene, e prima di svenire è sempre più debole e confuso...) e una terza dal punto di vista del narratore onniscente. Gioco un po'.


Come detto, io credo di esserci scivolato qualche volta in questo primo romanzo. Ora cerco di evitarlo ma, come sempre, le eccezioni non mancano. Diciamo che sono più ponderate.
Antonia (a cui ovviamente cedo la parola per ulteriori approfondimenti, anche perché questo spazio le è dedicato Wink ) opta invece per il cambio all'interno della stessa scena (o paragrafo che sia). Secondo me la scelta è stilistica, dipende dal gusto dell'autore. Si può fare bene e male in entrambi i casi!

Citazione:
Alla fin fine mi sono dovuto scontrare con la cosa che Marco ha evidenziato: il cambio di punto di vista tra personaggi e all'interno della stessa scena è fuorviante (e, guarda caso, alcune perplessità sono sorte nei lettori, nonostante l'attenta revisione mia e della mia editor - persona davvero preparata - e il successivo passaggio dei correttori di bozze - che volentieri evidenziano anche errori di questo tipo, quando si perdono nella lettura. Morale? Non c'è professionalità che tenga, è una strada pericolosa, se si cambia troppo - come ho fatto io, perché era una battaglia e quindi convulsa, per forza di cose).

Marco, ho cercato il tuo romanzo, qui a Trieste, ma non l'ho trovato.
Lo ordinerò on-line: faccio prima! Smile


Il tuo (la Rocca) mi arriva la settimana prossima. Wink
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