Un altro dei pezzi che sto riscrivendo perché ho perso.. questo ha un minimo d'azione, ma comunque serviva ancora come ritratto per il personaggio. Ce n'è un altro che ho riscritto, che forse è un po' meglio ma è meno particolare e non l'ho ancora riletto dopo averlo digitato, quindi aspetto a postarlo 
Un altro mezzuomo avrebbe percorso quel sentiero fischiettando, probabilmente a un'ora diversa, mentre un sottile filo di fumo sarebbe salito al cielo partendo dalla sua pipa. Da molto Alex aveva svuotato il sacchetto, aveva passato troppo tempo tra la gente grande. Come tutta la gente grande, era sempre preoccupato, in guardia e di pessimo umore. Beh, forse non era sempre di pessimo umore.
Stava tornando a casa e sapeva che nemmeno la promessa di rimanere avrebbe fatto tornare tutto come prima. Gli anziani del villaggio avevano ragione, nessun halfling coscienzioso deve lasciare la Valle. Lui l'aveva lasciata, tempo addietro, rapito dal richiamo dell'avventura, e ora non poteva chiedere di restare, non a lungo, per lo meno.
Guardava di sotto, con calma, il fianco scuro della collina, vòlto a nord, dove il sole raramente batteva illuminando di sfuggita l'erta che scendeva alla Valle. Nessun ragazzo mezzuomo avrebbe percorso quella via per tornare alla sua casa, e ben pochi adulti si sarebbero avventurati lungo quelle pendici a meno di non esservi costretti dalla sera o dall'emergenza. Ma Alex non aveva paura: era stato con la gente grande nelle prigioni ahkfiane, aveva percorso l'antica via che portava ai monti Zakhar dove ancora resistevano le vestigia del perduto Impero dei Nani. Aveva incontrato le bande di elfi selvaggi, era disceso nel terribile Abisso vicino alla città di Torn e conosceva il segreto degli uomini Stirpe di Drago.
Si impose di ignorare questi pensieri e tentò di recuperare le briciole di erbapipa rimaste nel sacchetto, ricordandosi che era la quarta volta che non riusciva a prenderne abbastanza per accendere il fornello. D'improvviso ripose distrattamente la pipa, concentrandosi sulla sensazione di pericolo che i suoi sensi allenati gli stavano comunicando. Identificò rapidamente il piccolo strappo nei cespugli alla sua destra, che indicava il passaggio di una creatura goffa, ma non tanto grande da spezzare i rametti più robusti. Non si fermò neppure per un passo, continuando sul sentiero finché non notò un buon posto per entrare nel roveto senza essere notato.
Subito si diresse verso il punto precedente del sentiero, passando silenziosamente fra un pruno e un ginepro, sinché non avverti l'odore che era stato coperto, maldestramente, spremendosi addosso fiori d'acacia. Si trattenne dal ridere, sarebbero passati solo pochi minuti e chiunque fosse lì ad aspettare sarebbe stato bersaglio di api e mosche, venute per il dolce nettare dei fiori. Aguzzando la vista, notò una figura tozza, apparentemente malvestita, che attendeva nell'ombra, come se temesse e contemporaneamente desiderasse incontrare qualcuno, o qualcosa.
Un altro mezzuomo avrebbe raccolto una pietra per sondare le intenzioni dell'inaspettato ospite, Alex invece raccolse il coltello dallo stivale e preparò la corta spada che portava nel fodero. L'avversario era più grosso di lui, ma non abbastanza da spaventarlo. Poi tentennò.
Lo aveva fatto molte volte lontano dalla Valle. Aveva colpito coboldi, goblin, orchi e persino qualche umano, d'altronde il mondo della gente grande era così malvagio e violento, non si era mai posto troppe questioni. Ma ora stava uccidendo qualcuno nella Valle. "Uccidili, prima che uccidano te", erano state le parole del suo compagno, un nobile principe Zakhar. Già , uccidilo. Il coltello saettò nell'aria, intercettando un perduto raggio di sole che lo fece balenare come un lampo, per finire impiantato tra le scapole della figura. Subito un alone verdastro si formò sui cenci con cui la figura era avvolta, mentre ancora stordita per il colpo, si girava rivelando il muso bestiale di un goblin nero. Il corpo si piegò sulle ginocchia, mentre l'icore cominciava a uscire anche dalla bocca, mischiato alla schifosa bava che questi esseri emettevano in continuazione. La corta spada prese come vita propria, trascinando il braccio di Alex e poi il suo corpo, finendo per conficcarsi nella gola del mostro.
Ad Alex non restò che estrarre l'arma e pulirla nel sottobosco rossastro del roveto. Era tempo che si assumesse le sue responsabilità : non era la spada a muoversi, era la sua volontà . Ecco cosa succedeva a stare troppo con la gente grande.
