La magia del riciclaggio


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Barbagianni
«Balrog»
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MessaggioInviato: Mar 20 Lug 2010 22:36 pm    Oggetto: La magia del riciclaggio   

Questa fiaba (il cui titolo mi sono inventato adesso adesso, lo ammetto Razz ) l'ho scritta qualche tempo fa 'su commissione' per amici che fanno educazione ambientale, ma ho deciso di postarla per un paio di motivi:
1-non mi fido troppo dei commenti troppo entusiastici che mi sono arrivati; qualcuno pensava andasse bene anche prima che facessi il primo passaggio di autoediting.
2-dato che non penso verrà usata a breve in ambito 'lavorativo', volevo comunque scatenarla sul mondo indifeso (non lo fate sapere al mio capo, però!)
3-dopo il contest temevo che la sezione andasse in letargo troppo in fretta Wink

Altra cosa, qui non muore nessuno. Lo so che voi preferivate un po' di spargimenti di sangue, ma io in realtà sono bbbbuono e uso questa cosa delle fiabe solo per rimorchiare (non potendo contare su presetanza fisica o conto in banca vado sulla sensibilità Wink ).



C’era una volta...un bicchiere di plastica. Sì, un comunissimo bicchiere di plastica che un giorno, dopo essere stato usato, venne dimenticato su uno scaffale a prendere polvere.
Siccome non serviva più a nessuno il bicchiere si annoiava molto ed era triste; per fortuna dopo qualche giorno fece amicizia con un vecchio libro, anche lui abbandonato lì a prendere polvere, che un giorno gli raccontò di come una volta era stato un albero, era stato tagliato dai boscaioli e poi era stato traformato in carta per fare il libro.
Sullo scaffale, il bicchiere di plastica passò mesi a farsi raccontare come funziona la vita nel bosco e di come tutti abbiano un compito preciso che rende felici loro stessi e tutti gli altri animali: gli uccellini spargono i semi, le api aiutano i fiori a diventare frutti, le coccinelle puliscono le foglie dagli insetti fastidiosi. Ascoltò e ascoltò finché un giorno il bicchiere disse: «Io vado.»
«Dove?» gli chiese il libro, sorpreso.
«Nel bosco.»
«Ma è molto lontano.»
«Non fa niente» ribattè il bicchiere. «Voglio andare a vivere nel bosco.»
«Buona fortuna allora.»
Così il bicchiere aspettò un giorno in cui qualcuno si era dimenticato la finestra aperta e scappò, dirigendosi verso il bosco seguendo le indicazioni che gli aveva dato il libro. Camminava lungo le strade e sui marciapiedi, ma nessuno lo notava o al massimo diceva: «Che immondizia!» Ma il bicchiere non capiva cosa volessero dire, per cui continuava a camminare.
Arrivò al bosco una mattina, e subito corse felice fra i cespugli, cercando qualcuno con cui fare amicizia. Trovò un a volpe dal pelo rossiccio, che stava scavando la sua tana.
«Ciao!» le disse.
La volpe, un po’ sorpresa, lo fiutò a lungo poi disse, schifata: «Vai via! Non posso mangiarti e non ti voglio nella mia tana, me la sporcheresti e basta.»
Il bicchiere si intristì molto e se ne andò, in cerca di qualcuno più amichevole. Incontrò, lungo il sentiero, un riccio con la schiena piena di aculei. «Ciao» si presentò il bicchiere. «Vuoi essere mio amico? Sono nuovo nel bosco.»
Il riccio si grattò il mento con un zampina, pensieroso. «Lo vedo che sei nuovo. Ma perché sei venuto fin qui dalla città?»
«Perché mi hanno raccontato tante belle cose sul bosco e voglio vivere qui.»
«Guarda che non puoi» lo ammonì il riccio. «Nel bosco, tutti noi animali abbiamo un compito utile, ma tu, che vieni dalla città, non puoi fare niente, anzi saresti solo dannoso.»
Il bicchiere si sentì ancora più triste, ma non capiva cosa il riccio volesse dire, così proseguì sempre più nel folte del bosco, finché non fu notte. Si sedette ai piedi di un grande albero, tutto infreddolito, quando una voce dall’alto lo spaventò.
«Cosa ci fa della plastica qui?»
Guardando in alto, fra i rami, il bicchiere incrociò i grandi occhi curiosi di un allocco. «Voglio vivere nel bosco, ma nessuno vuole fare amicizia con me» protestò il bicchiere. «Tu sai il perché?»
«Sì che lo so» disse l’allocco gonfiando le piume. «Tu non appartieni al bosco, sei stato fabbricato dalle persone nella città.»
«Questo lo sapevo già, ma perché non posso stare nel bosco?»
«Vedi, tutti gli animali hanno un compito preciso perché sono nati qui. Per te che vieni dalla città non esiste nulla di simile» spiegò l’allocco. «E tutte le cose che cadono per terra, come le foglie, i rami secchi o le mie penne si sciolgono e si spezzettano lentamente fino a sparire, diventando cibo ghiotto per gli insetti o concime per le piante; tu invece, se anche volessi, non potresti nemmeno fare questo, rimanendo sempre uguale, sempre tutto solo.»
Il bicchiere di plastica allora si mise a piangere disperato. «Ma non c’è proprio nessuno che può aiutarmi?»
L’allocco si tappò le orecchie, disturbato da tutto quel fracasso. «Sì che c’è. Se vuoi ti ci porto, basta che la smetti di piangere.»
«Davvero?»
Senza rispondere, l’allocco spiccò il volo, prese il bicchiere fra gli artigli e lo portò ancora più dentro al bosco, in un luogo dove i rami degli alberi erano così fitti che la luce della luna quasi non arrivava. Depositò il bicchiere ai margini di una radura circolare bordata di grossi funghi marroni dove, al centro, spuntava una capanna di pietre e paglia.
«Lì abita la fata del bosco. Lei potrà aiutarti.» Poi volò via, sparendo nella notte.
Un po’ intimorito, il bicchiere si avvicinò alla capanna. Non dovette bussare perché la porta era già socchiusa e la luce di una lampada filtrava all’esterno, invitandolo ad entrare.
L’interno della capanna era semplice ma accogliente, con un focolare dove bolliva una pentola di zuppa, un tavolo con delle sedie, degli scaffali stracolmi di ampolle piene di liquidi e polveri colorate.
La fata, vestita di azzurro, smise di rimestare la zuppa con la sua bacchetta e lo fece sedere. «Allora, cosa posso fare per te?» chiese sorridendo.
Il bicchiere si fece coraggio e parlò: «Io voglio vivere nel bosco e farne parte come tutti gli altri animali, ma tutti mi dicono che non posso. Tu non puoi aiutarmi?»
La fata sospirò. «Eh...purtroppo non molto. Non ci sono magie che ti permetterebbero di vivere qui con noi in armonia.» Il bicchiere sentì di nuovo le lacrime salirgli agli occhi, ma la fata continuò. «Però c’è un modo in cui tu puoi essere utile al bosco e tenerlo pulito e ordinato.»
«C’è?» fece il bicchiere, speranzoso.
«Certo. E’ una magia chiamata riciclaggio.»
«Non conosco questa parola.»
«In pratica, una volta che qualcosa creato dagli umani non serve più, invece di buttarlo via come immondizia si può trasformare in qualcos’altro di utile.»
«Davvero?» chiese il bicchiere incredulo. «E quante volte si può fare questa magia?»
«Quante volte vuoi.»
Il bicchiere saltò in piedi. «E tu puoi fare questa magia?»
«Non proprio, ma ti posso far arrivare dove la sanno fare.»
«Grazie mille fata!»
Si salutarono abbracciandosi, poi lei fece roteare la bacchetta sopra di lui un paio di volte e un vento impetuoso entrò dalla finestra, sollevando il bicchiere e trasportandolo lontano, oltre il bosco, di nuovo in città, depositandolo dolcemente in un cassonetto della raccolta differenziata.
Da quel giorno il bicchiere diventò prima un piatto, poi dei guanti, una pallina da ping-pong, un tubo e infine un sacchetto della spesa, ma fu sempre felice di essere utile, sapendo così di preservare intatto il bosco che gli piaceva tanto.
Quando qualcuno dice 'io non credo nelle fate' da qualche parte una fata si segna nome, cognome e indirizzo.

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tinuviel
«Elfo»
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MessaggioInviato: Ven 30 Lug 2010 14:37 pm    Oggetto:   

Mi sento tremendamente arrugginita e fuori luogo... ormai sarà 1 anno che faccio l'utente silenziosa, nel senso che leggo tanto e non posto niente (parlando di tutto il forum in generale), ma avevo piacere di lasciare 2 righe di commento sulla tua favola. Leggo i commenti ai racconti sempre con interesse e ammirazione (certi mi rendono dolorosamente cosciente del mio abisso di ignoranza Smile ) e so bene che qui ci si aspetta un certo livello nei giudizi tuttavia spero non verrà guardato troppo male il contributo della "donna comune"!
In una parola ho trovato la tua storia deliziosa, nel vero senso del termine; il linguaggio è gentile e delicato come mi aspetto da una favola, e il viaggio del bicchiere per trovare il suo posto nel bosco mi ha fatto tenerezza.
Con delle illustrazioni sarebbe un bellissimo libricino da far leggere ai bambini per sensibilizzarli al tema...
Unica nota... il titolo Embarassed . Ho guardato il post per 5 giorni prima di leggerlo, non l'ho trovato molto invogliante!
Barbagianni
«Balrog»
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MessaggioInviato: Ven 30 Lug 2010 17:46 pm    Oggetto:   

Allora la favola dolce e sensibile attira veramente le ragazze! Very Happy ...ehm...va bene, torno serio. Il commento è sempre graditissimo, non aver paura di dire la tua che qui non si fanno discriminazioni di alcun tipo.

Il titolo è sempre stato il mio tallone d'achille e qui in particolare si vede che ci ho meditato sopra giusto 30 secondi. E' anche vero che in educazione ambientale il titolo originale non è troppo ricercato (aiuta sempre, ma non ha un peso così rilevante).
Io so disegnare solo topi e pipistrelli stilizzati (non chiedete, per favore Rolling Eyes ) per cui dal lato illustrazioni non posso essere di alcun aiuto...qualcuno vuole offrirsi in sacrificio? Wink
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tinuviel
«Elfo»
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MessaggioInviato: Ven 30 Lug 2010 19:00 pm    Oggetto:   

Barbagianni ha scritto:
Allora la favola dolce e sensibile attira veramente le ragazze!


certo, funziona sempre! Come anche portare a spasso il cucciolotto o il fratellino piccolo... noi ragazze ci facciamo fregare dagli uomini sensibili Very Happy
Barbagianni
«Balrog»
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MessaggioInviato: Ven 30 Lug 2010 23:48 pm    Oggetto:   

Ho ricevuto un imprinting felino fin da piccolo (più che altro i gatti qui continuano ad arrivare che li vogliamo oppure no) e mio fratello è la controfigura rimpicciolita di hagrid...comincio a capire molte cose...mumble mumble...
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Olorin
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MessaggioInviato: Mar 03 Ago 2010 11:09 am    Oggetto:   

L'idea di partenza mi ha subito catturato e incuriosito. Nel corso della lettura però, mi sono trovato a lottare con la delusione di vedere malamente sfruttate o addirittura maltrattate, le formidabili potenzialità della storia.
Quello che mi ha tenuto comunque avvinto, è il senso di apertura a innumerevoli evoluzioni, la percezione della libertà fiabesca che il racconto riesce a trasmettere per tutto il suo incedere.
Gli ideali sono pericolosi. La realtà è preferibile: è spietata ma preferibile.

Una scrivania ordinata è sintomo di una mente malata
Barbagianni
«Balrog»
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MessaggioInviato: Mar 03 Ago 2010 11:55 am    Oggetto:   

Maltrattate addirittura? Per il malamente sfruttate intendi che avrei potuto espandere di più alcune parti o che proprio ho sbagliato mira sulla costruzione delle situazioni?
Io mi sono tenuto 'corto' anche perchè, da prove tecniche precedenti, la lunghezza ottimale per una lettura ai bimbi è 8-9k caratteri, qui siamo a 6,2k e sebbene lo spazio ci sia il mio istinto primordiale è sempre quello di risparmiare Wink

Edit: comunque se il 'sense of wonder' fiabesco c'era posso già sentirmi orgoglione Very Happy
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Olorin
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MessaggioInviato: Mar 03 Ago 2010 12:44 pm    Oggetto:   

Barbagianni ha scritto:
Edit: comunque se il 'sense of wonder' fiabesco c'era posso già sentirmi orgoglione Very Happy


Mi è sembrato di cogliere che l'intento della tua prova fosse prevalentemente quello e io credo che sia stato centrato (opinione personale di uno che 'non' ne sa Wink ).

Per quel che riguarda invece le sensazioni negative, ti do solo due spunti:


Citazione:
C’era una volta...un bicchiere di plastica. Sì, un comunissimo bicchiere di plastica che un giorno, dopo essere stato usato, venne (si ritrovò) dimenticato su uno scaffale a prendere polvere.
Siccome non serviva più a nessuno (il concetto di 'non servire' nel senso di 'non avere una funzione', non necessariamente causa noia. Forse volevi dire che nessuno se ne serviva più) il bicchiere si annoiava molto ed era triste; per fortuna dopo qualche giorno (,) fece amicizia con un vecchio libro, anche lui abbandonato lì a prendere polvere (dovrebbe essere un effetto collaterale secondario, ma se lo ripeti, sembra lo scopo principale dell'essere abbandonati sugli sacffali), che un giorno gli raccontò di come una volta era stato un albero, era stato tagliato dai boscaioli e poi era stato traformato in carta per fare il libro.


E poi...

Citazione:
«Guarda che non puoi» lo ammonì il riccio. «Nel bosco, tutti noi animali abbiamo un compito utile, ma tu, che vieni dalla città, non puoi fare niente, anzi saresti solo dannoso.»
...
«Sì che lo so» disse l’allocco gonfiando le piume. «Tu non appartieni al bosco, sei stato fabbricato dalle persone nella città.»
«Questo lo sapevo già, ma perché non posso stare nel bosco?»
«Vedi, tutti gli animali hanno un compito preciso perché sono nati qui. Per te che vieni dalla città non esiste nulla di simile»


Perché? Non è la provenienza il problema dell'integrazione del bicchiere con l'ambiente del bosco...

Citazione:
«E tutte le cose che cadono per terra, come le foglie, i rami secchi o le mie penne si sciolgono e si spezzettano lentamente fino a sparire, diventando cibo ghiotto per gli insetti o concime per le piante; tu invece, se anche volessi, non potresti nemmeno fare questo, rimanendo sempre uguale, sempre tutto solo.»


Questo è il problema: di 'cosa' è fatto il bicchiere.
Sull'argomento a mio parere, poteva essere sviluppata tutta un'intrigante teoria di ragioni e filosofie che si giocassero sull'ambiguità tra 'materiale' e 'spirituale'. Di 'cosa' sei fatto tu? Chi ti ha fatto così? Novello replicante alla Blade Runner, il bicchiere avrebbe potuto confrontarsi coi personaggi del racconto e indagare (come del resto fa) sui perché della propria estraneità, fino a tornare dai suoi 'creatori' e trovare la soluzione alle domande... Very Happy

Ovviamente le considerazioni in merito ai possibili sviluppi e contenuti della storia, sono a carattere 'strettissimamente' personale. A te e a tutti gli altri, potrebbero serenamente fare schifo, preferendo di gran lunga la fiaba così com'è. Wink

Restano comunque i dubbi sull'attinenza delle motivazioni dell'emarginazione del bicchiere da parte dell'ambiente boschivo
Gli ideali sono pericolosi. La realtà è preferibile: è spietata ma preferibile.

Una scrivania ordinata è sintomo di una mente malata
Barbagianni
«Balrog»
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MessaggioInviato: Mar 03 Ago 2010 18:39 pm    Oggetto:   

Questo possibile contatto con blade runner non lo avevo minimamente preso in considerazione...ci mediterò sopra.
Quando qualcuno dice 'io non credo nelle fate' da qualche parte una fata si segna nome, cognome e indirizzo.

Trolls? Io odio i trolls! - Willow
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