Mi risvegliai in preda al dolore più straziante. Non appena aprii gli occhi e uscii dal baratro dell'incoscenza fui pervaso da un'ondata di atroce sofferenza che mi scorse lungo tutto il corpo, lasciandomi in balia degli spasmi.
Nella mia mente c'era il vuoto e il freddo più totale, nessun pensiero. nessun ricordo su cosa mi fosse successo. Solo l'oblio e la nebbia causati dal dolore che ancora mi piegava e mi strappava gemiti sommessi.
Non so per quanto rimasi così, incapace di muovermi o capire dove fossi... incapace perfino di pensare.
Potevano essere trascorsi alcuni minuti o numerose ore, per me il tempo si era come fermato, sembrava fosse affogato insieme a me nel mare oscuro di quel supplizio.
Poi dopo tempo interminabile,iniziai a percepire quasi mio malgrado, che la sofferenza si stava attenuando: il dolore si ritraeva, lentamente ed inesorabilmente, e a poco a poco i miei sensi ritornavano ad avere coscienza del mondo circostante.
Con uno sforzo tentai di raccogliere informazioni sul luogo nel quale mi trovavo senza neanche sapere il perchè.
Concentrandomi iniziai a sentire, a percepire ciò che mi circondava... Freddo, freddo e umidità ... aria stagnante, ammuffita...
Gocce che cadevano con cadenza regolare qua e la, ripetute da una tenue eco indistinta...
E poi... poco lontano, un crepitio vibrante e irregolare. Fuoco! Una torcia, da qualche parte nei paraggi ardeva e gettava luce e calore che io ancora non potevo vedere nè sentire. i miei occhi erano gonfi e chiusi riuscii ad aprirli, solo per rivolgere lo sguardo appannato ad un ruvido muro di pietre rossastre, pervase dalla muffa e dalle infiltrazioni.
Dove mi trovavo, per tutti gli spiriti?!
Mi sollevai a sedere in un nugolo di dolori. Ero su un pagliericcio vecchio e sudicio, e ormai avevo intuito la natura del luogo nonostante fossi ancora intorpidito: ero in una cella, probabilmente sotterranea, a giudicare dalla gelida umidità stagnante che aleggiava nell'aria come un'entità viscida.
Non sopportavo di trovarmi in un luogo del genere senza neanche sapere il motivo. socchiusi gli occhi e mi immersi nella mia mente, tentando con tutte le mie facoltà di far riaffiorare un ricordo, un indizio o un'immagine, ma con sgomento trovai nuovamente il nulla, il vuoto più assoluto. Sussultai in preda all'angoscia. Che cosa mi era stato fatto? La mia mente non era sempicemente priva di memoria, era come essiccata, prosciugata di ogni pensiero o ricordo riguardante non solo quel luogo, ma tutta la mia vita. Era come se una parte di me fosse stata asportata dal mio spirito...
Osservai la porta di metallo che mi sigillava in quel luogo da incubo. Era spessa e solida. Nulla di più. Impossibile fuggire, non c'era via di scampo.
Scrutando meglio la porta mi accorsi all'improvviso che c'era una minuscola incisione nella superficie grezza del metallo. Era stata incisa in basso, vicino al grosso cardine, e mi avvicinai ad esso per leggerne il messaggio.
La scritta, dalla calligrafia rozza e convulsa, diceva:
"Mi hanno rubato l'anima... lo sento. Qualcosa manca in me, anche se non riesco a capire cosa. A tu che ora leggi queste parole, io ti dico che sei spacciato, esattamente come lo sono io. Esistono! Esistono! I ladri di Anime esistono! Loro si nutrono dei ricordi e delle menti altrui, dell'essenza stessa di ogni persona... Non credevo esistessero davvero, ma ora lo so. Sento che la mia anima è già stata deturpata, perchè e come se avessi un baratro di nulla nella mente. Presto finiranno l'opera e mi svuoteranno! Che gli spiriti di Altar mi proteggano, e proteggano anche tu che leggi, chiunque tu sia..."
Oraf Galda - Figlio di Remis Galda
Non eppena ebbi finito di leggere arretrai, scioccato. Non poteva essere! Non potevo credere a ciò che avevo appena letto.
La frase mi echeggiò nella mente vuota, così prepotentempente che fu come un rimbombo in una caverna...
Esistono! Esistono! I ladri di Anime esistono!...
Ladri... di... Anime...? Nella mia testa riaffiorò un bagliore di ricordo, un frammento minuscolo di pensiero che guizzò come la scintilla di un acciarino nel buio.
Per un attimo mi sembrò di conoscere il significato di quelle parole, o di averle conosciute prima di finire in quell'incubo surreale.
Ma il frammento di ricordo durò un istante soltanto, e svanì ancor prima che io riuscissi a dargli un significato.
La disperazione stava offuscando quel poco di raziocinio che avevo riacquisito da quando mi ero risvegliato.
era questo che mi avevano fatto? Mi avevano socchiato via l'anima? Depredato la mente? Come? Quando?
Troppe domande senza risposta... Troppa confusione. Chi ero? Mi meritavo quella tortura? Non sapevo. Non sapevo nemmeno il mio nome, chi fossi, dove vivessi... Tutto! Mi era stato prosciugato tutto! Non ero più un uomo, ero un guscio. Un otre di carne e tessuti già mezzo vuoto dal quale succhiare via gli ultimi sorsi di essenza...
Presi a ridere follemente, ormai accecato da pensieri contorti e malsani di terrore e follia. Le risate sguaiate rimbalzarono contro le pareti e ritornarono a me, distorte e mostruose, e più ciò accadeva più io sghignazzavo con le mani tra i capelli sudici.
Era un loro stratagemma? Svuotare parzialmente le proprie vittime e gettarle in sudice celle lasciandole in balia dell'oscurità e del dubbio? spingendole verso la pazzia ed il panico, in modo da drenare al meglio ciò che rimaneva all'interno dei loro piccoli e miseri cranei?
Se così era, beh, stava funzionando alla perfezione su di me... mi sentivo scoppiare dal terrore, e ogni fibra del mio corpo desiserava di farla finita.
Al di là della porta, nel corridoio fiocamente illuminato dalle torce, echeggiarono dei passi.
Smisi di ridere, e mi immobilizzai come una statua, il viso inondato di sudore freddo.
Chiunque fosse,
qualunque cosa fosse, stava venendo in direzione della mia cella.
Udii un sibilo, come un lungo sospiro innaturale che mi gelò il sangue e mi fece vacillare dal terrore. Poi un acuto tintinnare di metallo che sbatteva contro altro metallo: il misterioso carceriere aveva estratto un mazzo di chiavi...
La serratura si aprì con uno scatto metallico, e subito dopo la pesante porta ruotò sui cardini male oliati, producendo un sinistro lamento.
Mentre la porta si apriva e la luce della torcia invadeva la piccola cella come una marea luminosa, sentii il terrore più puro ed indescrivibile possedermi come un'entità viva. tutto si oscurò intorno a me, tutto si spense e scomparve alla mia vista.
E poi non vi fu pù nulla, se non buio... Infinito, interminabile buio.
è da una vita che non tocco niente qui in "racconti del forum"... devo aver fatto casino quando ho postato questo qui... 
